Suppl.G.U. n. 138 del 16-06-2001
Decreto 9 maggio 2001
Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e
territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente
rilevante.
IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI
DI INTESA CON
I MINISTRI DELL'INTERNO, DELL'AMBIENTE E DELL'INDUSTRIA, DEL COMMERCIO E
DELL'ARTIGIANATO
Visto l'articolo 32 della Costituzione della Repubblica Italiana,
Vista la
legge 17 agosto 1942, n.1150;
Visto il decreto del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1977, n.616;
Vista la legge 15 marzo 1997,
n.59;
Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112;
Visto il decreto
legislativo 17 agosto 1999, n.334, relativo all' "Attuazione della direttiva
96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con
determinate sostanze pericolose";
Visto, in particolare, l'articolo 14 del
predetto decreto legislativo, con il quale si prevede che il Ministro dei lavori
pubblici, d'intesa con i Ministri dell'interno, dell'ambiente, dell'industria,
commercio artigianato e con la Conferenza Stato - Regioni, stabilisce per le
zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante requisiti
minimi di sicurezza in materia di pianificazione territoriale;
Visto il
decreto ministeriale 9 agosto 2000, relativo a "Linee guida per l'attuazione del
sistema di gestione della sicurezza", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, S.G.
n.195 del 22 agosto 2000;
Acquisita l'intesa dei Ministri dell'interno,
dell'ambiente, dell'industria, commercio e artigianato;
Acquisita l'intesa
della Conferenza Stato - Regioni espressa nella seduta del 19 aprile 2001;
Decreta:
Art. 1 - Ambito di applicazione e definizioni
1. Il presente
decreto, in attuazione dell'articolo 14 del decreto legislativo 17 agosto 1999,
n. 334, stabilisce requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione
urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti soggetti agli
obblighi di cui agli articoli 6, 7 e 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999,
n. 334, con riferimento alla destinazione ed all'utilizzazione dei suoli, al
fine di prevenire gli incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze
pericolose e a limitarne le conseguenze per l'uomo e per l'ambiente e in
relazione alla necessità di mantenere opportune distanze di sicurezza tra gli
stabilimenti e le zone residenziali per:
a) insediamenti di stabilimenti
nuovi;
b) modifiche degli stabilimenti di cui all'articolo 10, comma 1, del
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;
c) nuovi insediamenti o
infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti, quali ad esempio, vie di
comunicazione, luoghi frequentati dal pubblico, zone residenziali, qualora
l'ubicazione o l'insediamento o l'infrastruttura possano aggravare il rischio o
le conseguenze di un incidente rilevante.
2. Ai fini dell'applicazione del
presente decreto sono adottate le definizioni di cui all'articolo 3 del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334. Valgono altresì le definizioni di cui
all'allegato al presente decreto.
3. Le norme di cui al presente decreto sono
finalizzate, inoltre, a fornire orientamenti comuni ai soggetti competenti in
materia di pianificazione urbanistica e territoriale e di salvaguardia
dell'ambiente, per semplificare e riordinare i procedimenti, oltre che a
raccordare le leggi e i regolamenti in materia ambientale con le norme di
governo del territorio.
4. Le presenti norme si applicano anche ai casi di
variazione degli strumenti urbanistici vigenti conseguenti all'approvazione di
progetti di opere di interesse statale di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 18 aprile 1994, n.383 e all'approvazione di opere, interventi o
programmi di intervento di cui all'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto
2000, n.267.
5. Le Regioni a statuto speciale e le province autonome di
Trento e di Bolzano provvedono al raggiungimento delle finalità del presente
decreto nell'ambito delle proprie competenze e secondo quanto disposto dai
rispettivi ordinamenti.
Art. 2 - Disciplina regionale
1. Le Regioni assicurano il
coordinamento delle norme in materia di pianificazione urbanistica, territoriale
e di tutela ambientale con quelle derivanti dal decreto legislativo 17 agosto
1999, n.334 e dal presente decreto, prevedendo anche opportune forme di
concertazione tra gli enti territoriali competenti, nonché con gli altri
soggetti interessati.
2. La disciplina regionale in materia di pianificazione
urbanistica assicura il coordinamento delle procedure di individuazione delle
aree da destinare agli stabilimenti con quanto previsto dall'articolo 2 del
decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447.
3. Le
Regioni assicurano il coordinamento tra i criteri e le modalità stabiliti per
l'acquisizione e la valutazione delle informazioni di cui agli articoli 6, 7 e 8
del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.334 e quelli relativi alla
pianificazione territoriale e urbanistica.
4. In assenza della disciplina
regionale si applicano i principi, i criteri e i requisiti di cui al presente
decreto.
Art. 3 - Pianificazione territoriale
1. Le province e le città
metropolitane, ove costituite, individuano, nell'ambito dei propri strumenti di
pianificazione territoriale con il concorso dei comuni interessati, le aree
sulle quali ricadono gli effetti prodotti dagli stabilimenti soggetti alla
disciplina di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n.334, acquisendo, ove
disponibili, le informazioni di cui al successivo articolo 4, comma 3.
2. Il
piano territoriale di coordinamento, ai sensi dell'articolo 20 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n.267, nell'ambito della determinazione degli
assetti generali del territorio disciplina, tra l'altro, la relazione degli
stabilimenti con gli elementi territoriali e ambientali vulnerabili come
definiti nell'allegato al presente decreto, con le reti e i nodi
infrastrutturali, di trasporto, tecnologici ed energetici, esistenti e previsti,
tenendo conto delle aree di criticità relativamente alle diverse ipotesi di
rischio naturale individuate nel piano di protezione civile.
Art. 4 - Pianificazione urbanistica
1. Gli strumenti urbanistici,
nei casi previsti dal presente decreto, individuano e disciplinano, anche in
relazione ai contenuti del Piano territoriale di coordinamento di cui al comma 2
dell'articolo 3, le aree da sottoporre a specifica regolamentazione, tenuto
conto anche di tutte le problematiche territoriali e infrastrutturali relative
all'area vasta.
A tal fine, gli strumenti urbanistici comprendono un
Elaborato Tecnico "Rischio di incidenti rilevanti (RIR)" relativo al controllo
dell'urbanizzazione, di seguito denominato "Elaborato Tecnico".
2.
L'Elaborato Tecnico, che individua e disciplina le aree da sottoporre a
specifica regolamentazione, è predisposto secondo quanto stabilito nell'allegato
al presente decreto.
3. Le informazioni contenute nell'Elaborato Tecnico sono
trasmesse agli altri enti locali territoriali eventualmente interessati dagli
scenari incidentali perché possano a loro volta attivare le procedure di
adeguamento degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale di loro
competenza.
4. In sede di formazione degli strumenti urbanistici nonché di
rilascio delle concessioni e autorizzazioni edilizie si deve in ogni caso tenere
conto, secondo principi di cautela, degli elementi territoriali e ambientali
vulnerabili esistenti e di quelli previsti.
5. Nei casi previsti dal presente
decreto, gli enti territoriali competenti possono promuovere, anche su richiesta
del gestore, un programma integrato di intervento, o altro strumento
equivalente, per definire un insieme coordinato di interventi concordati tra il
gestore ed i soggetti pubblici e privati coinvolti, finalizzato al conseguimento
di migliori livelli di sicurezza.
Art. 5 - Controllo dell'urbanizzazione
1. Le autorità competenti in
materia di pianificazione territoriale e urbanistica utilizzano, nell'ambito
delle rispettive attribuzioni e finalità, secondo le specificazioni e le
modalità contenute nell'allegato al presente decreto:
a) per gli stabilimenti
soggetti all'articolo 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, le
valutazioni effettuate dall'autorità competente di cui all'art. 21 del medesimo
decreto legislativo;
b) per gli stabilimenti soggetti agli articoli 6 e 7 del
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, le informazioni fornite dal
gestore.
2. Le autorità competenti in materia di pianificazione territoriale
e urbanistica, acquisite le informazioni e le valutazioni di cui al comma 1,
attivano le procedure di cui agli articoli 3 e 4 del presente decreto.
3.
Ferme restando le attribuzioni di legge; gli strumenti di pianificazione
territoriale e urbanistica recepiscono gli elementi pertinenti del piano di
emergenza esterna di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 17 agosto 1999,
n. 334. A tal fine, le autorità competenti in materia di pianificazione
territoriale e urbanistica acquisiscono tali elementi dall'autorità che ha
predisposto il piano di emergenza esterno.
4. Nei casi previsti dal presente
decreto, qualora non sia stata adottata la variante urbanistica, le concessioni
e le autorizzazioni edilizie sono soggette al parere tecnico dell'autorità
competente di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
334. Tale parere è formulato sulla base delle informazioni fornite dai gestori
degli stabilimenti soggetti agli articoli 6, 7 e 8 del predetto decreto
legislativo, secondo le specificazioni e le modalità contenute nell'allegato al
presente decreto.
5. Per gli stabilimenti soggetti agli articoli 6 e 7 del
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, può essere richiesto un parere
consultivo all'autorità competente di cui all'articolo 21 del decreto medesimo,
ai fini della predisposizione della variante urbanistica.
6. Fermo restando
quanto previsto all'articolo 15, comma 4 del decreto legislativo 17 agosto 1999,
n.334, il Ministero dei lavori pubblici e il Ministero dell'ambiente promuovono
accordi con le Regioni, anche ai fini di cui agli articoli 52 e 54 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n.112, per la raccolta dei dati relativi al controllo
dell'urbanizzazione di cui al presente decreto.
I Ministeri concertanti si
avvalgono, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
334, previo accordo, in relazione alle specifiche competenze dell'Agenzia
Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (ANPA), dell'Istituto Superiore per la
Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), dell'Istituto Superiore di
Sanità (ISS) e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (CNVVF), per la raccolta
e la diffusione dei dati e delle informazioni utili per il controllo
dell'urbanizzazione.
Art. 6. - Aree ad elevata concentrazione di stabilimenti e porti
industriali e petroliferi
1. Per gli stabilimenti e il territorio
ricadenti in un'area ad elevata concentrazione di cui all'articolo 13 del
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, gli strumenti di pianificazione
territoriale e urbanistica tengono conto delle risultanze, ove disponibili,
della valutazione dello studio di sicurezza integrato dell'area e del relativo
piano di intervento.
2. Fatti salvi gli obblighi dei singoli gestori degli
stabilimenti e degli impianti localizzati nei porti industriali e petroliferi,
come individuati nel decreto previsto dall'articolo 4, comma 3; del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334; l'Autorità marittima, ovvero; ove istituita,
l'Autorità portuale, deve fornire alle autorità competenti in materia di
pianificazione territoriale e urbanistica le informazioni relative agli scenari
incidentali e in particolare quelli che coinvolgano aree esterne a quella
portuale.
Allegato
Criteri guida per l'applicazione del
Decreto del Ministro dei lavori pubblici ai sensi dell'articolo 14 del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334, relativo all'Attuazione della direttiva
96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con
determinate sostanze pericolose (d'intesa con i Ministri dell'interno,
dell'ambiente, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e con la
Conferenza Stato - Regioni)
Sommario
1. Premessa
2.
Pianificazione territoriale
3. Pianificazione urbanistica
3.1. Elaborato
tecnico "Rischio di Incidenti Rilevanti" RIR
4. Programmi integrati
5.
Fasi del processo di adeguamento degli strumenti urbanistici
6.
Individuazione e disciplina delle aree da sottoporre a specifica
regolamentazione
6.1. Individuazione degli elementi territoriali e ambientali
vulnerabili
6.1.1. Elementi territoriali vulnerabili
6.1.2. Elementi
ambientali vulnerabili
6.2. Determinazione delle aree di danno
6.2.1.
Valori di soglia
6.2.2. Aree di danno
6.3. Criteri per la valutazione
della compatibilità territoriale e ambientale
6.3.1. Compatibilità
territoriale
6.3.2. Depositi di GPL e depositi di liquidi infiammabili
e/o tossici
6.3.3. Compatibilità con gli elementi ambientali
7.
Informazioni relative al controllo dell'urbanizzazione
7.1. Informazioni
fornite dal gestore
7.2. Valutazioni fornite dall'autorità di cui
all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.
1.
Premessa
La finalità generale del decreto del Ministro dei lavori
pubblici, d'intesa con i Ministri dell'interno, dell'ambiente; dell'industria,
commercio e artigianato e con la Conferenza Stato - Regioni, ai sensi
dell'articolo 14 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.334 è quella di
definire i requisiti minimi in materia di pianificazione territoriale e
urbanistica con riferimento alla destinazione ed utilizzazione dei suoli,
correlati alla necessità di mantenere le opportune distanze tra stabilimenti e
zone residenziali, al fine di prevenire gli incidenti rilevanti e di limitarne
le conseguenze per l'uomo e per l'ambiente.
La novità del decreto
interministeriale consiste, quindi, nel regolamentare un processo di
integrazione tra le scelte della pianificazione territoriale e urbanistica e la
normativa attinente gli stabilimenti soggetti all'applicazione della direttiva
96/82/CE e del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.
Il Legislatore
indica, pertanto, la necessità di implementare la strumentazione urbanistica e
territoriale con le condizioni di compatibilità delle scelte
economico-produttive di forte impatto territoriale e ambientale.
Risaltano,
in tale processo, alcuni aspetti:
- il ruolo della Regione, la quale, oltre
ad avere attribuzioni specifiche nei settori ambientali e produttivo, ancora
maggiormente dettagliate nel D.lgs n.112/98, con particolare riguardo al tema
delle attività a rischio di incidente rilevante (art.72), è competente nella
materia urbanistica ai sensi dell'art.117 Cost. e dei successivi decreti del
Presidente della repubblica;
- il ruolo della Provincia, e delle città
metropolitane, alle quali, nell'ambito delle attribuzioni del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n.267, spettano le funzioni di pianificazione di
area vasta, per indicare gli indirizzi generali di assetto del territorio. Si
evidenzia quindi l'opportunità che il territorio provinciale, ovvero l'area
metropolitana, debba costituire - rispetto al tema trattato - l'unità
di base per il coordinamento tra la politica di gestione del rischio ambientale
e la pianificazione di area vasta, con la specifica missione di ricomporre le
scelte locali rispetto ad un quadro coerente di livello territoriale più
ampio.
- la funzione di base delle Amministrazioni comunali, le quali
- sia tramite l'applicazione del D.P.R. 20 ottobre 1998, n.447, sia
attraverso le competenze istituzionali di governo del territorio, derivanti
dalla Legge Urbanistica e dalle leggi regionali, devono adottare gli opportuni
adeguamenti ai propri strumenti urbanistici, in un processo di verifica
iterativa e continua, generato dalla variazione del rapporto tra attività
produttiva a rischio e le modificazioni della struttura insediativa del comune
stesso.
Infine, è il caso di mettere in evidenza il difficile rapporto
- temporale e processuale - tra le procedure di matrice urbanistica
con la maggiore dinamicità di trasformazione dei processi e degli impianti
produttivi e delle potenzialità di rischio rilevante, che deve trovare soluzione
in una attenta e continua "lettura" del territorio, in relazione agli obiettivi
di governo dello stesso.
Le valutazioni e le metodologie indicate nel
presente Allegato hanno, pertanto, lo scopo di fornire, nell'ambito della
procedura individuata dalle regioni, requisiti minimi di sicurezza in materia di
pianificazione territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di
incidente rilevante, ed elementi tecnici utili alle Autorità competenti sul
controllo dell'urbanizzazione, per i compiti previsti dall'articolo 14 del
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.
I contenuti del presente
allegato potranno essere integrati dalla disciplina regionale attuativa di cui
all'art. 2 del decreto
1.
______
1La
formulazione del presente allegato tiene conto dei due diversi approcci
tecnico-scientifici invalsi nell'uso internazionale:
- basato su parametri
deterministici, nel quale, sulla base di distanze di danno tipiche e generiche,
vengono fissate delle distanze di separazione tra stabilimenti e zone
urbanizzate;
- basato sulla valutazione del rischio, nel quale vengono
effettuate delle valutazioni di compatibilità tra lo stabilimento e gli elementi
territoriali effettivamente presenti, sulla base del rischio associato agli
scenari incidentali specifici dello stabilimento in esame.
Il grado di
semplificazione insito nell'approccio deterministico e la significativa rigidità
di applicazione indicano l'opportunità della scelta di un approccio del secondo
tipo.
Nell'ambito di tale scelta, tuttavia, non si ritiene opportuno
praticare la via estrema dell'utilizzo esplicito e diretto a valutazioni
probabilistiche quantitative (tipo QRA), esprimibili in termini di rischio
individuale e rischio sociale, date le incertezze insite e le difficoltà
applicative, che ne renderebbero oneroso e aleatorio l'uso.
Si preferisce,
sempre nell'ambito di un approccio basato sulla valutazione del rischio,
ricondursi ad una metodologia che, pur semplificata e parametrizzata, conduce,
con un impegno non eccessivamente oneroso, ad una rappresentazione
sufficientemente precisa e ripetibile del livello di rischio rappresentato dalla
specifica realtà stabilimento/territorio.
Tale approccio, del resto, trova un
ampio riscontro nell'applicazione dei decreti applicativi del DPR 175/88 e, in
particolare:
- decreto ministeriale 15 maggio 1996 "Criteri di analisi e
valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di gas di petrolio
liquefatto (GPL)";
- decreto ministeriale 20 ottobre 1998 "Criteri di analisi
e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi ai depositi di liquidi
facilmente infiammabili e/o tossici".
Solo nelle aree ad elevata
concentrazione di stabilimenti, di cui all'articolo 13 decreto legislativo 17
agosto 1999, n. 334, stante la estensiva significatività delle interazioni tra
stabilimenti diversi e tra questi e certi elementi territoriali, si renderà
necessario, per la compiutezza delle valutazioni, fare riferimento anche agli
esiti dello studio integrato dell'area, necessariamente basato sulla
ricomposizione dei rischi ingenerati dai vari soggetti e, quindi, su di un
approccio più estesamente probabilistico.
Ai fini dell'applicazione dei
criteri e delle metodologie indicate nel presente allegato si riporta, di
seguito, un glossario dei termini utilizzati, ferme restando comunque le
definizioni contenute e rubricate dal 13 decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
334:
ELEMENTI TERRITORIALI E AMBIENTALI VULNERABILI: Elementi del
territorio che - per la presenza di popolazione e infrastrutture oppure in
termini di tutela dell'ambiente - sono individuati come specificamente
vulnerabili in condizioni di rischio di incidente rilevante.
AREE DI
DANNO: Aree generate dalle possibili tipologie incidentali tipiche dello
stabilimento. Le aree di danno sono individuate sulla base di valori di soglia
oltre i quali si manifestano letalità, lesioni o danni.
AREE DA
SOTTOPORRE A SPECIFICA REGOLAMENTAZIONE: Aree individuate e normate dai piani
territoriali e urbanistici, con il fine di governare l'urbanizzazione e in
particolare di garantire il rispetto di distanze minime di sicurezza tra
stabilimenti ed elementi territoriali e ambientali vulnerabili. Le aree da
sottoporre a specifica regolamentazione coincidono, di norma, con le aree di
danno.
COMPATIBILITA' TERRITORIALE E AMBIENTALE:. Situazione in cui si
ritiene che, sulla base dei criteri e dei metodi tecnicamente disponibili, la
distanza tra stabilimenti ed elementi territoriali e ambientali vulnerabili
garantisca condizioni di sicurezza
______
2. Pianificazione
territoriale
La pianificazione territoriale, nei termini previsti dal
decreto legislativo 18 agosto 2000 n.267, in relazione alla presenza di
stabilimenti a rischio d'incidente rilevante, ha come obiettivo la verifica e la
ricerca della compatibilità tra l'urbanizzazione e la presenza degli
stabilimenti stessi.
A tal fine, sulla base dei criteri esposti nel presente
allegato, nell'ambito della determinazione degli indirizzi generali di assetto
del territorio è possibile individuare gli interventi e le misure di prevenzione
del rischio e di mitigazione degli impatti con riferimento alle diverse
destinazioni del territorio stesso, in relazione alla prevalente vocazione
residenziale, industriale, infrastrutturale, ecc.
Il Piano territoriale di
coordinamento deve tendere a riportare a coerenza, in termini di pianificazione
sovracomunale, le interazioni tra stabilimenti, destinazioni del territorio e
localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee
di comunicazione.
In sede di pianificazione di area vasta occorre, di
conseguenza, individuare e definire i rapporti tra localizzazione degli
stabilimenti e limiti amministrativi di competenza comunale, in particolare
nelle situazioni in cui gli stabilimenti sono collocati in prossimità dei
confini amministrativi comunali e comportano, ovviamente, un allargamento dei
fattori di rischio sui comuni limitrofi.
Si evidenzia, in questi casi,
l'opportunità di promuovere procedure di co-pianificazione e di concertazione,
già presenti in alcune normative regionali.
Gli strumenti di pianificazione
territoriale recepiscono infine le indicazioni derivanti dai piani di emergenza
esterna, di cui all'art. 20 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334,
nonché l'individuazione delle aree ecologicamente attrezzate di cui all'art. 26
del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, eventualmente utilizzabili per la
localizzazione degli stabilimenti.
A seconda dei casi specifici, delle
diverse normative regionali e delle attribuzioni di competenze derivate dai
processi di delega in corso, si possono prefigurare varie modalità di
attivazione delle procedure di variazione della pianificazione territoriale, in
rapporto anche alle modifiche relative alla pianificazione urbanistica.
Si
può ipotizzare un tradizionale processo sequenziale, che parte dalla
determinazione degli indirizzi generali a livello provinciale, da parte del
piano territoriale di coordinamento, per arrivare ad una individuazione e
disciplina specifica delle aree sottoposte a regolamentazione da parte dello
strumento urbanistico comunale.
Ma si possono anche ipotizzare processi che,
almeno in parte, seguono la direzione opposta, dal Comune alla Provincia.
Si
possono infine ipotizzare processi e strumenti di copianificazione e
concertazione che contestualmente definiscono criteri di indirizzo generale di
assetto del territorio e attivano le procedure di riconformazione della
pianificazione territoriale e della pianificazione urbanistica.
Quest'ultima
ipotesi è auspicabile, anche in relazione alla necessità di apportare le
varianti necessarie all'adeguamento al presente decreto in tempi molto brevi sia
per i piani territoriali di coordinamento che per gli strumenti urbanistici,
come previsto dall'art.14 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.
E'
di tutta evidenza quindi l'opportunità di rendere contestuali, il più possibile,
le analisi, le valutazioni ed elaborazioni tecniche, nonché le decisioni degli
enti territoriali competenti e dei soggetti comunque interessati.
3.
Pianificazione urbanistica
L'art. 14 del decreto legislativo 17 agosto
1999, n. 334 individua tre ipotesi:
a) insediamenti di stabilimenti
nuovi;
b) modifiche degli stabilimenti di cui all'articolo 10, comma 1, del
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;
c) nuovi insediamenti o
infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti, quali ad esempio, vie di
comunicazione, luoghi frequentati dal pubblico, zone residenziali, qualora
l'ubicazione o l'insediamento o l'infrastruttura possano aggravare il rischio o
le conseguenze di un incidente rilevante.
Le prime due fattispecie (a, b)
hanno origine da una proposta o comunque da un intervento posto in essere dal
gestore.
In tal caso, l'Amministrazione comunale deve:
- verificare,
attraverso i metodi e i criteri esposti nel presente allegato e con l'apporto
dei soggetti coinvolti, la compatibilità territoriale e ambientale del nuovo
stabilimento o della modifica dello stabilimento esistente rispetto alla
strumentazione urbanistica vigente;
- promuovere la variante urbanistica,
qualora tale compatibilità non sia verificata, nel rispetto dei criteri minimi
di sicurezza per il controllo dell'urbanizzazione
La terza fattispecie (c),
viceversa, presuppone un processo inverso.
In tal caso, infatti,
l'Amministrazione comunale deve:
- conoscere preventivamente, attraverso i
metodi e i criteri esposti nel presente allegato e con l'apporto dei soggetti
coinvolti, la situazione di rischio dello stabilimento esistente;
-
considerare, nelle ipotesi di sviluppo e di localizzazione delle infrastrutture
e delle attività rubricate al punto c) del comma 1 dell'art.14 del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334, la situazione di rischio presente e la
possibilità o meno di rendere compatibile la predetta iniziativa.
Per quanto
riguarda le fattispecie a) e b), è applicabile il procedimento di approvazione
della variante allo strumento urbanistico di cui all'articolo 2 del d.P.R.
447/98, mentre nel caso della fattispecie c), previa valutazione delle
previsioni vigenti dello strumento urbanistico, il procedimento di approvazione
della eventuale variazione al medesimo, ricade nella situazione generale,
variamente normata dalle leggi regionali.
Nel caso di modifiche
comportanti aggravio di rischio, ai sensi del decreto 9 agosto 2000, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale, S.G., n. 196 del 23 agosto 2000, il gestore deve
verificare e dichiarare alle autorità competenti se le aree di danno in
relazione alle diverse classi di probabilità conseguenti alla realizzazione
della modifica non siano superiori a quelle preesistenti.
In tale ultimo
caso, si deve intendere l'effetto della modifica non rilevante ai fini
dell'attivazione delle procedure di cui al presente decreto.
In ogni caso
non è necessario attivare la variante urbanistica qualora le ipotesi
incidentali, attestate dal gestore o dall'autorità competente ai sensi dell'art.
21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, prevedano scenari di danno
esclusivamente all'interno del perimetro dello stabilimento stesso.
Sono
esclusi dall'applicazione diretta del presente decreto gli stabilimenti
esistenti che non ricadono in una delle fattispecie previste dall'articolo 14
del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.334, nonché gli stabilimenti per i
quali è in corso di definizione l'istruttoria prevista dalla normativa vigente,
fino alla conclusione della medesima.
E' comunque possibile in sede di
revisione della pianificazione territoriale e urbanistica assumere i criteri e
le metodologie del presente decreto, con una opportuna analisi e documentazione
degli elementi tecnici e delle decisioni assunte.
La valutazione della
compatibilità territoriale e ambientale, per quanto attiene gli strumenti
urbanistici, deve necessariamente condurre alla predisposizione di opportune
prescrizioni normative e cartografiche riguardanti le aree da sottoporre a
specifica regolamentazione.
L'individuazione e la disciplina di tali aree si
fonda su una valutazione di compatibilità tra stabilimenti ed elementi
territoriali e ambientali vulnerabili.
L'individuazione di una specifica
regolamentazione non determina vincoli all'edificabilità dei suoli, ma distanze
di sicurezza.
Pertanto i suoli interessati dalla regolamentazione da parte
del piano urbanistico, non perdono la possibilità di generare diritti
edificatori, in analogia con altre fattispecie dell'ordinamento come, ad
esempio, le distanze di rispetto cimiteriali.
In altri termini,
l'edificazione potrà essere trasferita oltre la distanza minima prescritta dal
piano, su aree adiacenti, oppure, ove lo consentano le normative di piano, su
altre aree del territorio comunale.
Gli strumenti di pianificazione
urbanistica recepiscono, inoltre, le indicazioni contenute nei piani
territoriali e quelle derivanti dai piani di emergenza esterna di cui all'art.
20 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (e in particolare le
previsioni di localizzazione dei presidi di sicurezza all'interno della
strumentazione urbanistica, come, ad esempio, le caserme dei VV.F), nonché
l'individuazione delle aree ecologicamente attrezzate di cui all'art. 26 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, eventualmente utilizzabili per la
localizzazione degli stabilimenti.
Il riferimento all'obbligo di parere
preventivo da parte dell'Autorità competente ai sensi dell'articolo 21 del
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, nel caso di rilascio di concessioni
e autorizzazioni edilizie in assenza di variante urbanistica, si deve intendere
esteso anche alle denuncie d'inizio attività, nel caso in cui le leggi regionali
prevedano l'applicabilità di tale ultimo istituto.
3.1. Elaborato
Tecnico "Rischio di Incidenti Rilevanti" - RIR
L'Elaborato Tecnico
consente una maggiore leggibilità e una più chiara definizione dei problemi,
delle valutazioni, delle prescrizioni cartografiche, utili sia nelle fasi di
formazione e approvazione sia in quelle di attuazione.
La presenza di una
serie di elaborati "autosufficienti" - sia pure, evidentemente, in stretto
rapporto con i più generali contenuti del piano - potrà inoltre favorire il
rapporto tra autorità a vario titolo competenti, nel corso dell'iter di
formazione del piano.
L'allegato tecnico potrà infine essere utilizzato
nell'ambito delle procedure di consultazione della popolazione previste
dall'articolo 23 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.
L'Elaborato
Tecnico, che costituisce parte integrante e sostanziale dello strumento
urbanistico, dovrà contenere, di norma:
- le informazioni fornite dal
gestore, di cui al punto 7
- l'individuazione e la rappresentazione su base
cartografica tecnica e catastale aggiornate degli elementi territoriali e
ambientali vulnerabili;
- la rappresentazione su base cartografica tecnica e
catastale aggiornate dell'inviluppo geometrico delle aree di danno per ciascuna
delle categorie di effetti e, per i casi previsti, per ciascuna classe di
probabilità;
- individuazione e disciplina delle aree sottoposte a specifica
regolamentazione risultanti dalla sovrapposizione cartografica degli inviluppi e
degli elementi territoriali e ambientali vulnerabili di cui sopra;
- gli
eventuali pareri delle autorità competenti ed in particolare quello
dell'autorità di cui all'art. 21, comma 1, del decreto legislativo 17 agosto
1999, n. 334;
- le eventuali ulteriori misure che possono essere adottate sul
territorio, tra cui gli specifici criteri di pianificazione territoriale, la
creazione di infrastrutture e opere di protezione, la pianificazione della
viabilità, i criteri progettuali per opere specifiche, nonché, ove necessario,
gli elementi di correlazione con gli strumenti di pianificazione dell'emergenza
e di protezione civile.
4. Programmi integrati
Per l'eventuale
promozione di un programma integrato di intervento, o di altro strumento
equivalente, l'Allegato Tecnico deve contenere, oltre a quanto specificato nel
punto 3.1,. una analisi socio - economica e finanziaria, nonché di
fattibilità tecnica ed amministrativa degli interventi previsti.
L'eventuale
proposta di programma integrato d'interventi, da parte di soggetti pubblici e
privati, singolarmente o riuniti in consorzio tra loro, potrà definire, di
norma, ogni azione o intervento utile per risolvere le situazioni di particolare
complessità, per le quali si possano ipotizzare modifiche all'assetto
insediativo residenziale, industriale o infrastrutturale, anche considerando gli
interventi del gestore per la riduzione delle aree di danno, con particolare
riguardo all'applicazione del comma 6 dell'articolo 14 del decreto legislativo
17 agosto 1999, n. 334.
A tali fini il programma integrato potrà prevedere,
tra l'altro, modalità di trasferimento dei diritti edificatori in aree contigue
ovvero ubicate in altre aree del territorio comunale.
Nella formazione della
proposta di programma integrato è inoltre possibile il coinvolgimento di altri
soggetti ed istituzioni, nonché l'inserimento di immobili esterni alle aree da
sottoporre a specifica regolamentazione in ambito comunale e sovra
- comunale, ove ne sia verifcata la convenienza economica e
sociale.
5. Fasi del processo di adeguamento degli strumenti
urbanistici.
In relazione a quanto si espone dettagliatamente in seguito
circa gli elementi di valutazione della interazione degli stabilimenti di cui al
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 con la pianificazione esistente, si
riporta la sintesi delle fasi logiche del processo di aggiornamento della
strumentazione urbanistica.
Fase 1: identificazione degli elementi
territoriali ed ambientali vulnerabili (vedi punto 6.1) in una area di
osservazione coerente con lo strumento urbanistico da aggiornare. Questa fase è
il risultato della integrazione delle informazioni fornite dal gestore
nell'allegato V, sezione III, al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, con
i dati già in possesso dell'Amministrazione comunale, ovvero reperiti in sede
della analisi preventiva del territorio che, di norma, viene effettuata per la
predisposizione di uno strumento urbanistico.
In particolare, l'analisi
preventiva dovrà tenere conto dello stato di fatto e di diritto delle
costruzioni esistenti, nonché delle previsioni di modificazione del territorio.
E' opportuno che le suddette informazioni siano rese disponibili al
gestore.
Fase 2: determinazione delle aree di danno (vedi punto 6.2).
Questa fase è il prodotto della attività di rappresentazione cartografica, su
base tecnica e catastale aggiornate, delle aree di danno, come identificate in
base alle informazioni fornite dal gestore e le valutazioni dell'autorità di cui
all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e la
sovrapposizione delle medesime sulla stessa cartografia, sulla quale sono
rappresentati gli elementi territoriali e ambientali vulnerabili.
Fase 3:
valutazione della compatibilità territoriale e ambientale (punto 6.3). Questa
fase consente di determinare le destinazioni d'uso compatibili con la presenza
dello stabilimento ed in funzione delle quali viene predisposta la specifica
regolamentazione.
Esaurito il processo su esposto, è possibile procedere alla
adozione dello strumento urbanistico in base alla procedure previste dalla Legge
Urbanistica e dalle diverse Leggi Regionali.
6. Individuazione e
disciplina delle aree da sottoporre a specifica
regolamentazione
6.1. Individuazione degli elementi territoriali e
ambientali vulnerabili
Gli elementi tecnici utili ai fini di una
valutazione di compatibilità territoriale e ambientale sono espressi in
relazione all'esigenza di assicurare sia i requisiti minimi di sicurezza per la
popolazione e le infrastrutture, sia un'adeguata protezione per gli elementi
sensibili al danno ambientale.
6.1.1. Elementi territoriali
vulnerabili
La valutazione della vulnerabilità del territorio attorno ad uno
stabilimento va effettuata mediante una categorizzazione delle aree circostanti
in base al valore dell'indice di edificazione e all'individuazione degli
specifici elementi vulnerabili di natura puntuale in esse presenti, secondo
quanto indicato nella successiva tabella 1.
Occorre inoltre tenere conto
delle infrastrutture di trasporto e tecnologiche lineari e puntuali.
Qualora
tali infrastrutture rientrino nelle aree di danno individuate, dovranno essere
predisposti idonei interventi, da stabilire puntualmente, sia di protezione che
gestionali, atti a ridurre l'entità delle conseguenze (ad esempio: elevazione
del muro di cinta prospiciente l'infrastruttura, efficace coordinamento tra lo
stabilimento e l'ente gestore dell'infrastruttura finalizzato alla, rapida
intercettazione del traffico, ecc.).
Un analogo approccio va adottato nei
confronti dei beni culturali individuati in base alla normativa nazionale
(decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490) e regionale o in base alle
disposizioni di tutela e salvaguardia contenute nella pianificazione
territoriale, urbanistica e di settore.
TABELLA 1- Categorie
territoriali.
CATEGORIA A
1. Aree con destinazione
prevalentemente residenziale, per le quali l'indice fondiario di edificazione
sia superiore a 4,5 m
3/m
2.
2. Luoghi di concentrazione
di persone con limitata capacità di mobilità - ad esempio ospedali, case di
cura, ospizi, asili, scuole inferiori, ecc. (oltre 25 posti letto o 100 persone
presenti).
3. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante all'aperto - ad
esempio mercati stabili o altre destinazioni commerciali, ecc. (oltre 500
persone presenti).
CATEGORIA B
1. Aree con destinazione
prevalentemente residenziale, per le quali l'indice fondiario di edificazione
sia compreso tra 4,5 e 1,5 m
3/m
2.
2. Luoghi di
concentrazione di persone con limitata capacità di mobilità - ad esempio
ospedali, case di cura, ospizi, asili, scuole inferiori, ecc. (fino a 25 posti
letto o 100 persone presenti).
3. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante
all'aperto - ad esempio mercati stabili o altre destinazioni commerciali,
ecc. (fino a 500 persone presenti).
4. Luoghi soggetti ad affollamento
rilevante al chiuso - ad esempio centri commerciali, terziari e
direzionali, per servizi, strutture ricettive, scuole superiori, università,
ecc. (oltre 500 persone presenti).
5. Luoghi soggetti ad affollamento
rilevante con limitati periodi di esposizione al rischio - ad esempio
luoghi di pubblico spettacolo, destinati ad attività ricreative, sportive,
culturali, religiose, ecc. (oltre 100 persone presenti se si tratta di luogo
all'aperto, oltre 1000 al chiuso).
6. Stazioni ferroviarie ed altri nodi di
trasporto (movimento passeggeri superiore a 1000
persone/giorno).
CATEGORIA C
1. Aree con destinazione
prevalentemente residenziale, per le quali l'indice fondiario di edificazione
sia compreso tra 1,5 e 1 m
3/m
2.
2. Luoghi soggetti ad
affollamento rilevante al chiuso - ad esempio centri commerciali, terziari
e direzionali, per servizi, strutture ricettive, scuole superiori, università,
ecc. (fino a 500 persone presenti).
3. Luoghi soggetti ad affollamento
rilevante con limitati periodi di esposizione al rischio - ad esempio
luoghi di pubblico spettacolo, destinati ad attività ricreative, sportive,
culturali, religiose, ecc. (fino a 100 persone presenti se si tratta di luogo
all'aperto, fino a 1000 al chiuso; di qualunque dimensione se la frequentazione
è al massimo settimanale).
4. Stazioni ferroviarie ed altri nodi di trasporto
(movimento passeggeri fino a 1000 persone/giorno).
CATEGORIA D
1.
Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali l'indice
fondiario di edificazione sia compreso tra 1 e 0,5
m
3/m
2.
2. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante,
con frequentazione al massimo mensile - ad esempio fiere, mercatini o altri
eventi periodici, cimiteri, ecc..
CATEGORIA E
1. Aree con
destinazione prevalentemente residenziale, per le quali l'indice fondiario di
edificazione sia inferiore a 0,5 m
3/m
2.
2. Insediamenti
industriali, artigianali, agricoli, e zootecnici.
CATEGORIA F
1.
Area entro i confini dello stabilimento.
2. Area limitrofa allo stabilimento,
entro la quale non sono presenti manufatti o strutture in cui sia prevista
l'ordinaria presenza di gruppi di persone.
La categorizzazione del
territorio esposta nella tabella 1 tiene conto di alcune valutazione dei
possibili scenari incidentali, e in particolare dei seguenti criteri:
- la
difficoltà di evacuare soggetti deboli e bisognosi di aiuto, quali bambini,
anziani e malati, e il personale che li assiste;
- la difficoltà di evacuare
i soggetti residenti in edifici a più di cinque piani e grandi aggregazioni di
persone in luoghi pubblici; per tali soggetti, anche se abili di muoversi
autonomamente, la fuga sarebbe condizionata dalla minore facilità di accesso
alle uscite di emergenza o agli idonei rifugi;
- la minore difficoltà di
evacuare i soggetti residenti in edifici bassi o isolati, con vie di fuga
accessibili e una migliore autogestione dei dispositivi di sicurezza;
- la
minore vulnerabilità delle attività caratterizzate da una bassa permanenza
temporale di persone, cioè di una minore esposizione al rischio, rispetto alle
analoghe attività più frequentate;
- la generale maggiore vulnerabilità delle
attività all'aperto rispetto a quelle al chiuso.
Sulla base di questi stessi
criteri, integrati dalle valutazioni che riguardano i singoli casi specifici,
sarà necessario ricondurre alle categorie della tabella tutti gli elementi
territoriali eventualmente presenti e non esplicitamente citati dalla tabella
stessa.
Le Regioni, nell'ambito della definizione della disciplina regionale
attuativa del presente decreto, potranno integrare i contenuti della tabella 1,
in rapporto alle specifiche normative regionali in materia urbanistica e
ambientale.
Per le categorie E ed F si deve tenere conto di quanto
previsto dagli articoli 12 e 13 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334,
ove applicabili.
6.1.2. Elementi ambientali vulnerabili
Con
particolare riferimento al pericolo per l'ambiente che può essere causato dal
rilascio incidentale di sostanze pericolose, si considerano gli elementi
ambientali secondo la seguente suddivisione tematica delle diverse matrici
ambientali vulnerabili potenzialmente interessate dal rilascio incidentale di
sostanze pericolose per l'ambiente:
- Beni paesaggistici e ambientali
(decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490);
- Aree naturali protette (es.
parchi e altre aree definite in base a disposizioni normative);
- Risorse
idriche superficiali (es. acquifero superficiale; idrografia primaria e
secondaria; corpi d'acqua estesi in relazione al tempo di ricambio ed al volume
del bacino);
- Risorse idriche profonde (es. pozzi di captazione ad uso
potabile o irriguo; acquifero profondo non protetto o protetto; zona di ricarica
della falda acquifera).
- Uso del suolo (es. aree coltivate di pregio, aree
boscate)
La vulnerabilità di ognuno degli elementi considerati va
valutata in relazione alla fenomenologia incidentale cui ci si riferisce.
Su
tale base, in via generale e a solo titolo di esempio, si potrà considerare
trascurabile l'effetto prodotto da fenomeni energetici come l'esplosione e
l'incendio nei confronti dell'acqua e del sottosuolo.
In tutti gli altri
casi, la valutazione della vulnerabilità dovrà tenere conto del danno specifico
che può essere arrecato all'elemento ambientale, della rilevanza sociale ed
ambientale della risorsa considerata, della possibilità di mettere in atto
interventi di ripristino susseguentemente ad un eventuale rilascio.
In sede
di pianificazione territoriale e urbanistica, verrà effettuata una ricognizione
della presenza degli elementi ambientali vulnerabili, come individuabili in base
a specifiche declaratorie di tutela, ove esistenti, ovvero in base alla
tutelabilità di legge, oppure, infine, in base alla individuazione e disciplina
di specifici elementi ambientali da parte di piani territoriali, urbanistici e
di settore.
6.2. Determinazione delle aree di danno
6.2.1.
Valori di soglia
Il danno a persone o strutture è correlatile all'effetto
fisico di un evento incidentale mediante modelli di vulnerabilità più o meno
complessi.
Ai fini del controllo dell'urbanizzazione, è da ritenere
sufficientemente accurata una trattazione semplificata, basata sul superamento
di un valore di soglia, al di sotto del quale si ritiene convenzionalmente che
il danno non accada, al di sopra del quale viceversa si ritiene che il danno
possa accadere.
In particolare, per le valutazioni in oggetto, la
possibilità di danni a persone o a strutture è definita sulla base del
superamento dei valori di soglia espressi nella seguente Tabella
2.
2Tabella 2 - Valori di soglia
Scenario incidentale |
Elevata letalità 1 |
Inizio letalità 2 |
Lesioni irreversibili 3 |
Lesioni reversibili 4 |
Danni alle strutture/Effetti
domino 5 |
Incendio (radiazione termica
stazionaria) |
12,5 kW/m2 |
7 kW/m2 |
5 kW/m2 |
3 kW/m2 |
12,5 kW/m2 |
|
|
|
|
|
|
BLEVE/Fireball (radiazione termica
variabile) |
Raggio fireball |
350 kJ/m2 |
200 kJ/m2 |
125 kJ/m2 |
200-800 m (*) |
|
|
|
|
|
|
Flash-fire (radiazione termica
istantanea) |
LFL |
1/2 LFL |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
VCE (sovrapressione di picco) |
0,3 bar (0,6 spazi aperti) |
0,14 bar |
0,07 bar |
0,03 bar |
0,3 bar |
|
|
|
|
|
|
Rilascio tossico (dose assorbita) |
LC50 (30min,hmn) |
|
IDLH |
|
|
(*) secondo la
tipologia del serbatoio
Per la corretta applicazione dei criteri di
valutazione della compatibilità territoriale, il gestore esprime le aree di
danno con riferimento ai valori di soglia di Tabella 2.
In generale, gli
effetti fisici derivati dagli scenari incidentali ipotizzabili possono
determinare danni a persone o strutture; in funzione della specifica tipologia,
della loro intensità e della durata.
3Il danno ambientale, con
riferimento agli elementi vulnerabili indicati al punto 6.1.2 è invece correlato
alla dispersione di sostanze pericolose i cui effetti sull'ambiente sono
difficilmente determinabili a priori mediante l'uso di modelli di vulnerabilità.
L'attuale stato dell'arte in merito alla valutazione dei rischi per
l'ambiente derivanti da incidenti rilevanti non permette infatti l'adozione di
un approccio analitico efficace che conduca a risultati esenti da cospicue
incertezze.
Si procede pertanto secondo le indicazioni qualitative di cui al
punto 6.3.3.
______
2 Tali valori sono congruenti con
quelli definiti nelle linee guida di pianificazione di emergenza esterna del
Dipartimento della Protezione Civile e con quelli definiti nel decreto
ministeriale 15 maggio 1996 "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di
sicurezza relativi ai depositi di gas di petrolio liquefatto (GPL)" e decreto
ministeriale 20 ottobre 1998 "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di
sicurezza relativi ai depositi di liquidi facilmente infiammabili e/o
tossici".
La necessità di utilizzo dei valori di soglia definiti deriva non
solo dall'esigenza di assicurare la necessaria uniformità di trattamento per i
diversi stabilimenti, ma anche per rendere congruenti i termini di sorgente
utilizzati nel controllo dell'urbanizzazione con quelli per la pianificazione di
emergenza esterna e per l'informazione alla popolazione.
3 Le
tipologie di effetti fisici da considerare sono le
seguenti:
Radiazione termica stazionaria (POOL FIRE, JET
FIRE)
I valori di soglia sono in questo caso espressi come potenza
termica incidente per unità di superficie esposta (kW/m
2).
I
valori numerici si riferiscono alla possibilità di danno a persone prive di
specifica protezione individuale, inizialmente situate all'aperto, in zona
visibile alle fiamme, e tengono conto della possibilità dell'individuo, in
circostanze non sfavorevoli, di allontanarsi spontaneamente dal campo di
irraggiamento.
Il valore di soglia indicato per i possibili danni alle
strutture rappresenta un limite minimo, applicabile ad obiettivi particolarmente
vulnerabili, quali serbatoi atmosferici, pannellature in laminato plastico, ecc.
e per esposizioni di lunga durata. Per obiettivi meno vulnerabili potrà essere
necessario riferirsi a valori più appropriati alla situazione specifica, tenendo
conto anche della effettiva possibile durata
dell'esposizione.
Radiazione termica variabile
(BLEVE/Fireball)
Il fenomeno, tipico dei recipienti e serbatoi di
materiale infiammabile pressurizzato, è caratterizzato da una radiazione termica
variabile nel tempo e della durata dell'ordine di 10-40 secondi, dipendentemente
dalla quantità coinvolta.
Poiché in questo caso la durata, a parità di
intensità di irraggiamento, ha un'influenza notevole sul danno atteso, è
necessario esprimere l'effetto fisico in termini di dose termica assorbita
(kj/m
2)
3Ai fini del possibile effetto domino, vengono
considerate le distanze massime per la proiezione di frammenti di dimensioni
significative, riscontrate nel caso tipico del GPL.
Radiazione termica
istantanea (FLASH-FIRE)
Considerata la breve durata dell'esposizione ad
un irraggiamento significativo (1-3 secondi, corrispondente al passaggio su di
un obiettivo predeterminato del fronte fiamma che transita all'interno della
nube), si considera che effetti letali possano presentarsi solo entro i limiti
di infiammabilità della nube (LFL).
Eventi occasionali di letalità possono
presentarsi in concomitanza con eventuali sacche isolate e locali di fiamma,
eventualmente presenti anche oltre il limite inferiore di infiammabilità, a
causa di possibili disuniformità della nube; a tal fine si può ritenere
cautelativamente che la zona di inizio letalità si possa estendere fino al
limite rappresentato da 1/2 LFL.
Onda di pressione (VCE)
Il
valore di soglia preso a riferimento per i possibili effetti letali estesi si
riferisce, in particolare, alla letalità indiretta causata da cadute, proiezioni
del corpo su ostacoli, impatti di frammenti e, specialmente, crollo di edifici
(0,3 bar); mentre, in spazi aperti e privi di edifici o altri manufatti
vulnerabili, potrebbe essere più appropriata la considerazione della sola
letalità diretta, dovuta all'onda d'urto in quanto tale (0,6 bar).
I limiti
per lesioni irreversibili e reversibili sono stati correlati essenzialmente alle
distanze a cui sono da attendersi rotture di vetri e proiezione di un numero
significativo di frammenti, anche leggeri, generati dall'onda d'urto.
Per
quanto riguarda gli effetti domino, il valore di soglia (0,3 bar) è stato
fissato per tenere conto della distanza media di proiezione di frammenti od
oggetti che possano provocare danneggiamento di serbatoi, apparecchiature,
tubazioni, ecc.
Proiezione di frammenti (VCE)
La proiezione del
singolo frammento, eventualmente di grosse dimensioni, viene considerata
essenzialmente per i possibili effetti domino causati dal danneggiamento di
strutture di sostegno o dallo sfondamento di serbatoi ed
apparecchiature.
Data l'estrema ristrettezza dell'area interessata
dall'impatto e quindi la bassa probabilità che in quell'area si trovi in quel
preciso momento un determinato individuo, si ritiene che la proiezione del
singolo frammento di grosse dimensioni rappresenti un contribuente minore al
rischio globale rappresentato dallo stabilimento per il singolo individuo (in
assenza di effetti domino).
Rilascio tossico
Ai fini della
valutazione dell'estensione delle aree di danno relative alla dispersione di gas
o vapori tossici, sono stati presi a riferimento i seguenti parametri
tipici:
- IDLH ("Immediately Dangerous to Life and HeaIth": fonte
NIOSH/OSHA): concentrazione di sostanza tossica fino alla quale l'individuo
sano, in seguito ad esposizione di 30 minuti, non subisce per inalazione danni
irreversibili alla salute e sintomi tali da impedire l'esecuzione delle
appropriate azioni protettive.
- LC50 (30min,hmn): concentrazione di sostanza
tossica, letale per inalazione nel 50% dei soggetti umani esposti per 30
minuti.
Nel caso in cui siano disponibili solo valori di LC50 per specie non
umana e/o per tempi di esposizione diversi da 30 minuti, deve essere effettuata
una trasposizione ai detti termini di riferimento mediante il metodo TNO.
Si
rileva che il tempo di esposizione di 30 minuti viene fissato cautelativamente
sulla base della massima durata presumibile di rilascio, evaporazione da pozza
e/o passaggio della nube.
In condizioni impiantistiche favorevoli (ad
esempio, sistema di rilevamento di fluidi pericolosi con operazioni presidiate
in continuo, allarme e pulsanti di emergenza per chiusura valvole, ecc.) e a
seguito dell'adozione di appropriati sistemi di gestione della sicurezza, come
definiti nella normativa vigente, il gestore dello stabilimento puo'
responsabilmente assumere, nelle proprie valutazioni, tempi di esposizione
significativamente diversi; ne consegue la possibilità di adottare valori di
soglia corrispondentemente diversi da quelli di Tabella
2.
______
6.2.2. Aree di danno
La determinazione delle aree di
danno deve essere eseguita dal gestore nella considerazione delle specificità
della propria situazione, corrispondentemente alle tipologie di danno e secondo
i livelli di soglia indicate in Tabella 2.
Per gli stabilimenti soggetti alla
presentazione del Rapporto di sicurezza, la determinazione delle aree di danno
deve essere condotta dal gestore nei termini analitici richiesti per la stesura
di questo ed eventualmente rivalutata a seguito delle conclusioni
dell'istruttoria per la valutazione del Rapporto di sicurezza.
Per gli altri
stabilimenti, il gestore deve effettuare le necessarie valutazioni e analisi di
sicurezza nell'ambito dell'attuazione del proprio sistema di gestione di
sicurezza, come previsto dall'allegato III al decreto legislativo 17 agosto
1999, n.334 e dall'articolo 7 del decreto ministeriale 09/08/2000, concernente
disposizioni sui sistemi di gestione della sicurezza, fornendo le informazioni e
gli elementi tecnici conformemente alle definizioni ed alle soglie di cui alla
tabella 2.
Il gestore deve indicare, per ognuna delle ipotesi incidentali
significative individuate, la classe di probabilità degli eventi secondo la
suddivisione indicata nelle tabelle 3a e 3b.
6.3. Criteri per la
valutazione della compatibilità territoriale e ambientale
La valutazione
della compatibilità da parte delle autorità competenti, in sede di
pianificazione territoriale e urbanistica, deve essere formulata sulla base
delle informazioni acquisite dal gestore e, ove previsto, sulla base delle
valutazioni dell'autorità competente di cui all'articolo 21 del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334, opportunamente rielaborate ed integrate con
altre informazioni pertinenti.
Gli elementi tecnici, così determinati, non
vanno interpretati in termini rigidi e compiuti, bensì utilizzati nell'ambito
del processo di valutazione, che deve necessariamente essere articolato,
prendendo in considerazione anche i possibili impatti diretti o indiretti
connessi all'esercizio dello stabilimento industriale o allo specifico uso del
territorio.
Il processo di valutazione tiene conto dell'eventuale impegno del
gestore ad adottare misure tecniche complementari, ai sensi dell'articolo 14,
comma 6, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.
Gli strumenti di
pianificazione territoriale e urbanistica potranno prevedere opportuni
accorgimenti ambientali o edilizi che, in base allo specifico scenario
incidentale ipotizzato, riducano la vulnerabilità delle costruzioni ammesse
nelle diverse aree di pianificazione interessate dalle aree di danno.
In base
alle definizioni date, la compatibilità dello stabilimento con il territorio
circostante va valutata in relazione alla sovrapposizione delle tipologie di
insediamento, categorizzate in termini di vulnerabilità in tabella 1, con
l'inviluppo delle aree di danno, come evidenziato dalle successive tabelle 3a e
3b.
Le aree di danno corrispondenti alle categorie di effetti considerate
individuano quindi le distanze misurate dal centro di pericolo interno allo
stabilimento, entro le quali sono ammessi gli elementi territoriali vulnerabili
appartenenti alle categorie risultanti dall'incrocio delle righe e delle colonne
rispettivamente considerate.
6.3.1. Compatibilità
territoriale
Tabella 3a - Categorie territoriali compatibili con gli
stabilimenti
______________________________________________________________________________________
Classe di | Categoria di effetti
probabilità |
degli eventi |________________________________________________________________________
| Elevata letalità | Inizio letalità | Lesioni | Lesioni
| | | irreversibili | reversibili
_____________|____________________|___________________|_______________|_______________
< 10-6 | DEF | CDEF | BCDEF | ABCDEF
| | | |
10-4 - 10-6 | EF | DEF | CDEF | BCDEF
| | | |
10-3 - 10-4 | F | EF | DEF | CDEF
| | | |
> 10-3 | F | F | EF | DEF
_____________|____________________|___________________|_______________|_______________
Tabella 3b- Categorie territoriali compatibili con gli
stabilimenti
(per il rilascio di concessioni e autorizzazioni edilizie in
assenza di variante urbanistica)
______________________________________________________________________________________
Classe di | Categoria di effetti
probabilità |
degli eventi |________________________________________________________________________
| Elevata letalità | Inizio letalità | Lesioni | Lesioni
| | | irreversibili | reversibili
_____________|____________________|___________________|_______________|_______________
< 10-6 | EF | DEF | CDEF | BCDEF
| | | |
10-4 - 10-6 | F | EF | DEF | CDEF
| | | |
10-3 - 10-4 | F | F | EF | DEF
| | | |
> 10-3 | F | F | F | EF
_____________|____________________|___________________|_______________|_______________
Le lettere indicate nelle caselle delle tabelle 3a e 3b fanno
riferimento alle categorie territoriali descritte al punto 6.1., mentre le
categorie di effetti sono quelle valutate in base a quanto descritto al punto
6.2.
Per la predisposizione degli strumenti di pianificazione urbanistica, le
categorie territoriali compatibili con gli stabilimenti sono definite dalla
tabella 3a.
Per il rilascio delle concessioni e autorizzazioni edilizie in
assenza della variante urbanistica si utilizza la tabella 3b.
Ad
integrazione dei criteri sopra evidenziati, le autorità preposte alla
pianificazione territoriale e urbanistica, nell'ambito delle rispettive
attribuzioni, tengono conto della presenza o della previsione di elementi aventi
particolare rilevanza sotto il profilo sociale, economico, culturale e storico
tra cui, a titolo di esempio, reti tecnologiche, infrastrutture di trasporto,
beni culturali storico-architettonici.
Anche in questo caso, sulla base
delle informazioni fornite dal gestore, è possibile stabilire se l'elemento
considerato sia interessato dall'evento incidentale ipotizzato.
La tabella 2
alla quinta colonna, definisce infatti le tipologie di scenario ed i valori di
soglia relativi, per i quali ci si deve attendere un danno grave alle strutture.
Nelle aree di danno individuate dal gestore sulla base di tali valori di
soglia, ove in tali aree siano presenti i suddetti elementi, si introducono
negli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica prescrizioni per la
realizzazione dell'opera ovvero per la protezione dell'elemento.
6.3.2.
Depositi di GPL e depositi di liquidi infiammabili e/o tossici
Nel caso di
depositi di GPL e depositi di liquidi infiammabili e/o tossici soggetti
all'articolo 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.334 ci si avvale dei
criteri di valutazione della compatibilità territoriale definiti nell'ambito
della normativa vigente e delle eventuali successive
modifiche
4.
______
4 Decreto Ministero
dell'Ambiente 15 maggio 1996, "Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di
sicurezza relativi ai depositi di gas e petrolio liquefatto G.P.L.), pubblicato
nel S.O. n.113 alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 9 luglio 1996.
Decreto
Ministero dell'Ambiente 20 ottobre 1998, "Criteri di analisi e valutazione dei
rapporti sicurezza relativi ai depositi di liquidi facilmente infiammabili e/o
tossici), pubblicato nel S.O. n.188 alla Gazzetta Ufficiale n.262 del 9 novembre
1998.
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6.3.3. Compatibilità con gli elementi
ambientali
Nei casi di nuovi stabilimenti o di modifiche agli stabilimenti
che possano aggravare il rischio di incidenti rilevanti,. le autorità preposte
alla pianificazione territoriale e urbanistica, ciascuna nell'ambito delle
proprie attribuzioni, dovranno tenere conto della specifica situazione del
contesto ambientale.
Al fine di valutare la compatibilità, dovranno essere
presi in esame, secondo principi precauzionali, anche i fattori che possono
influire negativamente sugli scenari incidentali, ad esempio la presenza di zone
sismiche o di aree a rischio idrogeologico individuate in base alla normativa
nazionale e regionale o da parte di strumenti di pianificazione territoriale,
urbanistica e di settore.
In sede di pianificazione territoriale ed
urbanistica, le autorità preposte, nell'ambito delle rispettive attribuzioni,
tengono conto degli elementi e delle situazioni che possono aggravare le
conseguenze sulle persone e sul territorio del rilascio dell'inquinante per
l'ambiente.
Nei casi di particolare complessità, le analisi della
vulnerabilità e le valutazioni di compatibilità sotto il profilo ambientale
potranno richiedere l'apporto di autorità a vario titolo competenti in tale
materia.
Si tenga presente inoltre che, ai sensi dell'art. 18 del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334, le regioni disciplinano il raccordo tra
istruttoria tecnica e procedimenti di valutazione di impatto ambientale.
Per
definire una categoria di danno ambientale, si tiene conto dei possibili rilasci
incidentali di sostanze pericolose. La definizione della categoria di danno
avviene, per gli elementi ambientali vulnerabili di cui al punto 6.1.2, a
seguito di valutazione, effettuata dal gestore, sulla base delle quantità e
delle caratteristiche delle sostanze, nonché delle specifiche misure tecniche
adottate per ridurre o mitigare gli impatti ambientali dello scenario
incidentale.
Le categorie di danno ambientale sono così definite:
-
Danno significativo: danno per il quale gli interventi di bonifica e di
ripristino ambientale
5 dei siti inquinati, a seguito dell'evento
incidentale, possono essere portati a conclusione presumibilmente nell'arco di
due anni dall'inizio degli interventi stessi;
- Danno grave: danno per il
quale gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale dei siti inquinati,
a seguito dell'evento incidentale, possono essere portati a conclusione
presumibilmente in un periodo superiore a due anni dall'inizio degli interventi
stessi;
Al fine di valutare la compatibilità ambientale, nei casi
previsti dal presente decreto, è da ritenere non compatibile l'ipotesi di danno
grave.
Nei casi di incompatibilità ambientale (danno grave) con gli elementi
vulnerabili indicati al punto 6.1.2., come sopra definita, di stabilimenti
esistenti, il Comune può procedere ai sensi dell'articolo 14, comma 6 del
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, invitando il gestore a trasmettere
all'autorità competente di cui all'articolo 21, comma 1 dello stesso decreto
legislativo le misure complementari atte a ridurre il rischio di danno
ambientale.
Nel caso di potenziali impatti sugli elementi ambientali
vulnerabili (danno significativo) devono essere introdotte nello strumento
urbanistico prescrizioni edilizie e urbanistiche ovvero misure di prevenzione e
di mitigazione con particolari accorgimenti e interventi di tipo territoriale,
infrastrutturale e gestionale, per la protezione dell'ambiente circostante,
definite in funzione delle fattibilità e delle caratteristiche dei siti e degli
impianti e finalizzate alla riduzione della categoria di
danno.
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5 Per valutare gli interventi di bonifica
e ripristino ambientale dei siti inquinati, a seguito dell'evento incidentale,
si deve fare riferimento, attualmente, al decreto ministeriale 25 ottobre 1999,
n.471, "Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in
sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi
dell'art.17 del d.Lgs. 5 febbraio 1997, n.22, e successive modificazioni e
integrazioni", nonché del decreto legislativo 11 maggio 1999, n.152
"Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della
direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e
della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque
dall'inquinamento provocata dai nitrati provenienti da fonte
agricola".
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7. Informazioni relative al controllo
dell'urbanizzazione
7.1. Informazioni fornite dal gestore
Il
gestore degli stabilimenti soggetti agli obblighi di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 trasmette, su richiesta del Comune o
delle Autorità competenti le seguenti informazioni:
- Inviluppo delle aree di
danno per ciascuna delle quattro categorie di effetti e secondo i valori di
soglia di cui al paragrafo 6.2.1., ognuna misurata dall'effettiva localizzazione
della relativa fonte di pericolo, su base cartografica tecnica e catastale
aggiornate;
- per i depositi di GPL e per i depositi di liquidi infiammabili
e/o tossici, la categoria di deposito ricavata dall'applicazione del metodo
indicizzato di cui ai rispettivi decreti ministeriali 15 maggio 1996 e 20
ottobre 1998;
- per tutti gli stabilimenti, la classe di probabilità di ogni
singolo evento; espressa secondo le classi indicate al punto 6.3.1;
- per il
pericolo di danno ambientale, le categorie di danno attese in relazione agli
eventi incidentali che possono interessare gli elementi ambientali
vulnerabili.
Per gli stabilimenti esistenti soggetti ai soli obblighi di
cui all'art.6 e 7 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, il gestore
trasmette alle stesse autorità le suddette informazioni, ricavate dalle
valutazioni effettuate come indicato dall'allegato III del predetto decreto
legislativo e dall'art. 7 del decreto ministeriale 9 agosto 2000, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale, S.G. n.195 del 22 agosto 2000, nell'ambito del proprio
sistema di gestione della sicurezza, nel solo caso in cui siano individuate aree
di danno esterne all'area dello stabilimento.
Le stesse informazioni sono
trasmesse alle medesime autorità dal gestore di nuovi stabilimenti all'atto
della presentazione del rapporto preliminare di sicurezza all'autorità
competente per il rilascio del nullaosta di fattibilità di cui all'articolo 9
del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 o, per gli stabilimenti soggetti
agli obblighi dei soli articoli 6 e 7 dello stesso decreto, all'atto della
richiesta di concessioni e autorizzazioni edilizie.
7.2. Valutazioni
fornite dall'autorità all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
334
Contestualmente all'atto che conclude l'istruttoria tecnica,
l'autorità di cui all'art. 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334
trasmette alle autorità competenti per la pianificazione territoriale e
urbanistica e per il rilascio delle concessioni e autorizzazioni edilizie:
-
per gli stabilimenti sottoposti agli obblighi di cui all'art. 8 del decreto
suddetto, le informazioni che il gestore è tenuto a riportare nel rapporto di
sicurezza o nel rapporto preliminare ai sensi dell'art. 8, comma 3 del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334; il gestore assicura che tali informazioni
siano raccolte ed evidenziate nel rapporto in modo organico e sistematico
all'interno di un apposito allegato concernente elementi per la pianificazione
del territorio;
- le eventuali variazioni intervenute in relazione alla stima
delle aree di danno, alla classe di appartenenza dei depositi, alla categoria di
frequenza degli eventi ipotizzati, rispetto alle informazioni trasmesse
inizialmente dal gestore;
- gli elementi che debbono essere presi in
considerazione per un più completo e corretto giudizio di compatibilità
territoriale e ambientale, valutati, tra l'altro, sulla base di: presenza di
specifiche misure di carattere gestionale; adozione di particolari ed efficaci
tecnologie o sistemi innovativi; disponibilità di strutture di pronto intervento
e soccorso nell'area; adozione di particolari misure di allertamento e
protezione per gli insediamenti civili; adozione da parte del gestore delle
misure tecniche complementari ai sensi dell'articolo 14, comma 6, del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334.