SENTENZA N. 266
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Fernando |
SANTOSUOSSO |
Presidente |
- Massimo |
VARI |
Giudice |
- Riccardo |
CHIEPPA |
" |
- Gustavo |
ZAGREBELSKY |
" |
- Valerio |
ONIDA |
" |
- Carlo |
MEZZANOTTE |
" |
- Fernanda |
CONTRI |
" |
- Guido |
NEPPI MODONA |
" |
- Annibale |
MARINI |
" |
- Franco |
BILE |
" |
- Giovanni Maria |
FLICK |
" |
ha pronunciato la seguente |
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SENTENZA
nei giudizi promossi con ricorsi della Provincia autonoma
di Trento notificati il 28 dicembre 1998 ed il 24 settembre 1999, depositati in
Cancelleria il 7 gennaio ed il 29 settembre 1999, per conflitti di attribuzione
sorti a seguito: a) degli artt. 1; 2; 3, comma 1; 4, comma 1; 5, commi 2, 3, 4;
6; 8; 10; 11; 12 del decreto del Ministro dell’ambiente 20 ottobre 1998 recante
"Requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di
serbatoi interrati"; b) degli artt. 1; 2; 3, comma 1; 4, comma 1; 5, commi
2, 3, 4; 6; 8; 9; 10; 11; 12 e allegati A) e B) del decreto del Ministro
dell’ambiente 24 maggio 1999, n. 246 (Regolamento recante norme concernenti i
requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di serbatoi
interrati), ed iscritti ai nn. 1 e 32 del registro conflitti 1999.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio
dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 23 gennaio 2001 il Giudice
relatore Fernanda Contri;
uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia
autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente
del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la
Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei
confronti dello Stato, in relazione al decreto del Ministro dell’ambiente 20
ottobre 1998 (Requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e
l’esercizio di serbatoi interrati), lamentando la violazione - in particolare,
ad opera degli artt. 1; 2; 3, comma 1; 4, comma 1; 5, commi 2, 3, 4; 6; 8; 10;
11; 12 dell’impugnato decreto - dell’art. 8, numeri 5) e 6), dello statuto per
il Trentino-Alto Adige, che assegna alla ricorrente potestà legislativa
primaria in materia di urbanistica e piani regolatori, e di tutela del
paesaggio; dell’art. 9, numeri 9) e 10), dello statuto per il Trentino-Alto Adige,
che attribuisce alla Provincia potestà legislativa concorrente in materia di
utilizzazione delle acque pubbliche, nonché di igiene e sanità; dell’art. 16
dello statuto per il Trentino-Alto Adige, che conferisce alle Province autonome
corrispondenti funzioni amministrative nelle menzionate materie; dell’art. 3
del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti
legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale
di indirizzo e coordinamento); dei princìpi costituzionali relativi
all’esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento; dell’art. 8 della
legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e
compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica
amministrazione e per la semplificazione amministrativa); del principio di
leale cooperazione tra Stato, regioni e province autonome.
La Provincia di Trento chiede a questa Corte di dichiarare
che non spetta allo Stato di emanare, nei confronti della Provincia autonoma di
Trento, il decreto del Ministro dell’ambiente 20 ottobre 1998, recante
"Requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di
serbatoi interrati", ed in particolare le disposizioni di cui agli artt.
1; 2; 3, comma 1; 4, comma 1; 5, commi 2, 3, 4; 6; 8; 10; 11; 12. La ricorrente
chiede altresì che venga annullato lo stesso decreto, "con particolare
riferimento alle specifiche disposizioni impugnate", per violazione delle
invocate disposizioni statutarie e costituzionali.
Nel ricorso, si illustra il contenuto delle disposizioni
ministeriali censurate, le quali hanno la finalità, come risulta espressamente
dall’art. 1 del decreto all’origine del presente conflitto, di salvaguardia e
prevenzione dell’inquinamento del suolo e delle acque superficiali e
sotterranee che potrebbe essere causato dal rilascio delle sostanze o preparati
contenuti nei serbatoi interrati di cui si tratta, destinati allo stoccaggio di
sostanze per uso commerciale o industriale. In particolare, la ricorrente
denuncia la lesione della propria sfera di attribuzioni legislative e
amministrative ad opera dell’art. 4, che abilita il Ministro dell’ambiente a
svolgere funzioni di indirizzo, promozione e coordinamento delle attività
connesse con l’applicazione del decreto impugnato (comma 1, lettera a) e ad
elaborare e proporre "le linee guida relative all’applicazione delle
tecnologie di contenimento e rilevamento dei rilasci dei serbatoi interrati"
(lettera b). A questo riguardo, nel ricorso si osserva che "tali ‘linee
guida’ ... hanno, al di là delle apparenze, un netto carattere normativo, come
risulta dal rinvio che ad esse fa l’art. 12". Le disposizioni successive,
che la ricorrente ritiene lesive, stabiliscono competenze di organi statali,
regionali e comunali in ordine al rilascio di autorizzazioni e concessioni
(art. 5, commi 1-3), disciplinando i relativi procedimenti (art. 5, comma 4);
stabiliscono procedure amministrative per l’installazione di nuovi serbatoi
(art. 6) e per la dismissione di serbatoi esistenti (art. 9); dettano regole
sulla conduzione, la registrazione e il controllo dei serbatoi interrati (art.
8) e stabiliscono i tempi limite di esercizio degli stessi, nonché le modalità
di adeguamento alla nuova disciplina (artt. 10 e 11).
La ricorrente si duole innanzi tutto dell’incidenza del
decreto ministeriale impugnato in una materia nella quale essa aveva già
legittimamente esercitato la propria potestà legislativa, con l’adozione del
"Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente
dagli inquinamenti", che all’art. 26 disciplina i serbatoi o contenitori
di materiali inquinanti (disciplina integrata dalla deliberazione della Giunta
provinciale del 25 maggio 1990, n. 6043, "Determinazione soglie-limite per
l’applicazione della disciplina relativa ai serbatoi e contenitori di materiale
inquinante") e con l’approvazione della legge provinciale 22 dicembre
1983, n. 46 (Disciplina del settore commerciale), che all’art. 51 detta norme
in materia di distributori di carburanti.
Nel ricorso si denuncia poi la mancanza di una "base
legislativa" a fondamento del decreto ministeriale 20 ottobre 1998. Tra
tutti i riferimenti normativi citati nelle premesse dell’impugnato decreto, si
legge nel ricorso, il solo decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132
(Attuazione della direttiva 80/68/CEE concernente la protezione delle acque
sotterranee dall’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose), assegna
(art. 4, comma 3) al Ministro dell’ambiente il compito di indicare le misure
necessarie per impedire scarichi indiretti di sostanze inquinanti. Senonché,
rileva la ricorrente, l’atto all’origine del conflitto non può considerarsi
emanato nell’esercizio del potere conferito al Ministro dell’ambiente dal
menzionato decreto legislativo n. 132 del 1992: "Lo escludono, da un lato,
il diverso oggetto ... dall’altro, la diversa procedura e le diverse autorità
coinvolte".
La Provincia ricorrente esclude inoltre che il decreto
ministeriale impugnato possa legittimamente vincolare le province autonome come
atto di indirizzo e coordinamento, non essendo stato adottato nel rispetto
dell’art. 3 del citato decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, che prevede
una procedura di consultazione della provincia e richiede una fonte legislativa
per porre "oneri di adeguamento della legislazione provinciale". Né,
si afferma nel ricorso, la natura tecnica della normativa ministeriale – ad
avviso della Provincia di Trento, propria del solo art. 7 – potrebbe sottrarre
il decreto impugnato alle censure prospettate in riferimento all’art. 3 del
decreto legislativo n. 266 del 1992. In ogni caso, conclude la ricorrente,
risulterebbe comunque violato l’art. 8, comma 1, della legge n. 59 del 1997,
che assoggetta ad intesa con la Conferenza Stato-regioni anche gli "atti
di coordinamento tecnico", e, contestualmente, il principio costituzionale
di leale cooperazione.
2. - Nel giudizio davanti a questa Corte, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito il Presidente del
Consiglio dei ministri, per chiedere – previa riserva di successive e più ampie
deduzioni – il rigetto del ricorso, costituendo l’impugnato decreto
ministeriale "legittimo esercizio di competenza dello Stato ... che non
reca invasione o turbativa di attribuzioni della ricorrente provincia".
3. - Con un successivo ricorso, regolarmente notificato e
depositato, la Provincia autonoma di Trento ha sollevato un secondo conflitto
di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Ministro
dell’ambiente 24 maggio 1999, n. 246 (Regolamento recante norme concernenti i
requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di serbatoi
interrati), lamentando la violazione - in particolare, ad opera degli artt. 1;
2; 3, comma 1; 4, comma 1; 5, commi 2, 3, 4; 6; 8; 9; 10; 11; 12, nonché degli
Allegati A e B dello stesso d.m. – dell’art. 8, numeri 5) e 6), dello statuto
per il Trentino-Alto Adige, che assegna alla ricorrente potestà legislativa primaria
in materia di urbanistica e piani regolatori, e di tutela del paesaggio; del
successivo art. 9, numeri 3), 9) e 10), dello stesso statuto speciale, che
attribuisce alla provincia potestà legislativa concorrente in materia di
commercio, utilizzazione delle acque pubbliche, igiene e sanità; dell’art. 16
dello statuto speciale, che conferisce alle province autonome le corrispondenti
funzioni amministrative; degli artt. 2 e 3 del decreto legislativo 16 marzo
1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e
provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); dell’art.
8 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di
funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica
amministrazione e per la semplificazione amministrativa); dell’art. 17, comma
3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e
ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri); del principio
costituzionale di leale cooperazione.
La Provincia di Trento chiede a questa Corte di dichiarare
che non spetta allo Stato di emanare, nei confronti della Provincia autonoma di
Trento, il decreto del Ministro dell’ambiente 24 maggio 1999, n. 246, ed in
particolare le disposizioni di cui agli artt. 1; 2; 3, comma 1; 4, comma 1; 5,
commi 2, 3, 4; 6; 8; 9; 10; 11; 12; Allegati A e B. La ricorrente chiede
altresì l’annullamento delle disposizioni ministeriali ritenute lesive della
propria sfera di attribuzioni costituzionalmente garantite.
Il decreto ministeriale impugnato con questo secondo
ricorso sostituisce, a norma dell’art. 13, il decreto del Ministro
dell’ambiente del 20 ottobre 1998 - già impugnato dalla Provincia autonoma di
Trento [Confl. n. 1/99] - e presenta un contenuto sostanzialmente invariato.
Sviluppando la ricorrente censure ed argomentazioni del tutto analoghe a quelle
già contenute nel primo ricorso, non occorre ripercorrere le deduzioni svolte
ai fini dell’instaurazione di questo secondo conflitto [n. 32/99].
4. - Anche nel presente giudizio, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito il Presidente del
Consiglio dei ministri, per chiedere – previa riserva di successive e più ampie
deduzioni – il rigetto del ricorso.
5. - In prossimità dell’udienza, l’Avvocatura generale
dello Stato ha depositato una memoria per argomentare l’infondatezza del
ricorso con il quale la Provincia di Trento ha promosso il conflitto n.
32/1999.
Nella memoria, l’Avvocatura individua il fondamento
normativo dell’impugnato decreto del Ministro dell’ambiente n. 246 del 1999,
anzitutto, nel d.P.R. 17 maggio 1988, n. 175 (Attuazione della direttiva CEE n.
82/501, relativa ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate
attività industriali, ai sensi della legge 16 aprile 1987, 183), come
modificato dalla legge 19 maggio 1997, n. 137 (Sanatoria dei decreti-legge
recanti modifiche al D.P.R. 17 maggio 1988, n. 175, relativo ai rischi di
incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali), che
"assegna al Ministero dell’ambiente il potere, di carattere essenzialmente
tecnico, di emanare norme generali di sicurezza alle quali devono attenersi i
fabbricanti le cui attività rientrino nel campo di applicazione del
decreto", oltre ad attribuire allo stesso Ministro funzioni di indirizzo e
coordinamento.
A fondamento del potere ministeriale contestato, il
resistente invoca anche la direttiva 80/68/CEE, recepita con decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 132 (Attuazione della direttiva 80/68/CEE
concernente la protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento provocato
da certe sostanze pericolose). La citata disciplina statale di recepimento,
sottolinea l’Avvocatura, è stata successivamente trasfusa nel decreto
legislativo n. 152 del 1999.
La normativa tecnica all’origine del presente conflitto,
osserva la difesa erariale anche sulla scorta di considerazioni generali
attinenti alla politica comunitaria in materia ambientale basata sull’art. 174
(ex art. 130R) del Trattato CE, ed invocando altresì l’art. 10 (ex art. 5)
dello stesso Trattato, costituisce adempimento di precisi obblighi comunitari e
si propone di coordinare l’interesse ambientale con quello alla "detenzione
di sostanze che presentano un elevato rischio sia sotto il profilo ambientale
... che di sicurezza pubblica e di tutela della salute".
La materia disciplinata dal provvedimento ministeriale
impugnato, si legge nella memoria, "non è certamente quella urbanistica,
per la quale la Provincia di Trento ha potestà legislativa primaria, ma quella
di prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti e dell’inquinamento delle
acque e del suolo, per la quale potrebbe al più rinvenirsi una potestà
legislativa concorrente".
Il rispetto di tale competenza concorrente, aggiunge
l’Avvocatura, sarebbe "garantita dall’art. 16 del d.P.R. 17 maggio 1988,
n. 175, per quanto riguarda i rischi particolarmente rilevanti; dall’art. 3,
comma 8, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, per quanto concerne la
tutela delle acque dall’inquinamento; dall’art. 1 del decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22, relativo al recepimento delle direttive 91/156/CEE sui
rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi".
Quanto al dedotto esercizio, da parte della ricorrente,
della potestà legislativa nella materia dei serbatoi interrati, l’Avvocatura
osserva che "la Provincia doveva farsi carico in primo luogo di
evidenziare la piena conformità della normativa provinciale alla normativa
comunitaria in materia ambientale".
6. - In prossimità dell’udienza, anche la Provincia
Autonoma di Trento ha depositato una memoria illustrativa ad integrazione del
secondo ricorso [R. confl. n. 32/1999] e per replicare alla memoria depositata
dall’Avvocatura.
La ricorrente esclude innanzi tutto che il richiamato
d.P.R. 17 maggio 1988, n. 175 – che conferisce al Ministro dell’ambiente il
potere di indicare norme generali di sicurezza per attività industriali
comportanti il rischio di "incidenti rilevanti" - possa costituire il
fondamento legale dell’impugnato regolamento ministeriale: quest’ultimo,
infatti, "non rinvia … alle sostanze contemplate dal d.P.R. n. 175 del
1988", le quali, si legge, sarebbero "rilevanti per la loro
attitudine a generare fenomeni fisici di pericolosità, che solo in parte sono
riconducibili all’inquinamento del suolo e delle acque". Nella memoria si
insiste poi sul carattere amministrativo e non tecnico della normativa
ministeriale censurata.
La difesa della Provincia deduce poi l’avvenuta
abrogazione, anteriormente alla pubblicazione (in G.U. del 29 luglio 1999, n.
176) del d.m. impugnato, del decreto legislativo n. 132 del 1992 – anch’esso
invocato dalla difesa erariale quale base legale del potere esercitato - ad
opera del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, pubblicato il 29 maggio
1999, "senza che risultino particolari clausole che differiscano l’entrata
in vigore oltre il normale termine di vacatio".
La memoria della Provincia richiama inoltre l’art. 18 del
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, che ha abrogato il citato d.P.R. n.
175 del 1988.
Anche l’affermata necessità di introdurre la censurata
disciplina ministeriale in adempimento di obblighi comunitari viene contestata
dalla Provincia autonoma, che non assume "una assoluta impossibilità per
lo Stato di intervenire in materia ambientale", ma lamenta "la
mancanza di fondamento legislativo del d.m. in questione e l’inidoneità del
tipo di atto prescelto ad interferire in materie di competenza provinciale".
Si legge ancora, a questo riguardo, nella memoria della ricorrente: "non
risulta che il regolamento qui impugnato sia attuativo di una specifica
direttiva, né viene citata una norma legislativa che autorizzi la recezione in
via regolamentare di tale ipotetica direttiva".
D’altro canto, conclude la Provincia autonoma, la
disciplina provinciale è "ben più ampia e rigorosa rispetto a quella
dettata dal regolamento impugnato, sia sotto l’aspetto oggettivo, in quanto
riguarda tutte le sostanze inquinanti ... sia sotto l’aspetto soggettivo, in
quanto è destinata a chiunque detenga serbatoi o depositi di sostanze
inquinanti".
Nella memoria si lamenta infine che l’Avvocatura non
avrebbe replicato alle doglianze relative alla dedotta violazione dell’art. 3
del decreto legislativo n. 266 del 1992.
Considerato in diritto
1. - Con due distinti ricorsi, la Provincia autonoma di
Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in
relazione ai decreti del Ministro dell’ambiente 20 ottobre 1998 (Requisiti
tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di serbatoi
interrati) e 24 maggio 1999, n. 246 (Regolamento recante norme concernenti i
requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di serbatoi
interrati).
Con il primo ricorso, la Provincia ricorrente chiede alla
Corte di accertare se spetti allo Stato di emanare, nei confronti della
Provincia autonoma di Trento, il decreto del Ministro dell’ambiente 20 ottobre
1998 (poi abrogato e sostituito dal successivo regolamento ministeriale 24
maggio 1999, n. 246, sostanzialmente invariato nel contenuto) ed in particolare
le disposizioni di cui agli artt. 1; 2; 3, comma 1; 4, comma 1; 5, commi 2, 3,
4; 6; 8; 10; 11; 12 - e se debba essere annullato tale decreto, "con particolare
riferimento alle specifiche disposizioni impugnate", in quanto lesivo
della sfera di attribuzioni della ricorrente Provincia autonoma di Trento, come
definite dall’art. 8, numeri 5) e 6), dello statuto per il Trentino-Alto Adige,
che assegna alla ricorrente potestà legislativa primaria in materia di
urbanistica e piani regolatori, e di tutela del paesaggio; dall’art. 9, numeri
9) e 10), dello statuto per il Trentino-Alto Adige, che attribuisce alla
Provincia potestà legislativa concorrente in materia di utilizzazione delle
acque pubbliche, nonché di igiene e sanità; dall’art. 16 dello statuto per il
Trentino-Alto Adige, che conferisce alle province autonome le corrispondenti
funzioni amministrative; dall’art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n.
266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e
provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); dai
principi costituzionali relativi all’esercizio della funzione di indirizzo e
coordinamento; dall’art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo
per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la
riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa); dal principio di leale cooperazione tra Stato, regioni e
province autonome.
In particolare, si chiede alla Corte di accertare se siano
lesivi delle attribuzioni provinciali l’art. 4 del decreto impugnato, che
abilita il Ministro dell’ambiente a svolgere funzioni di indirizzo, promozione
e coordinamento delle attività connesse con l’applicazione del medesimo (comma
1, lettera a) e ad elaborare e proporre "le linee guida relative
all’applicazione delle tecnologie di contenimento e rilevamento dei rilasci dei
serbatoi interrati" (lettera b) - avendo "tali ‘linee guida’ ... al
di là delle apparenze, un netto carattere normativo, come risulta dal rinvio
che ad esse fa l’art. 12" – e le disposizioni successive, che stabiliscono
competenze di organi statali, regionali e comunali in ordine al rilascio di
autorizzazioni e concessioni (art. 5, commi 1-3), disciplinando i relativi
procedimenti (art. 5, comma 4); che stabiliscono procedure amministrative per
l’installazione di nuovi serbatoi (art. 6) e per la dismissione di serbatoi
esistenti (art. 9); che dettano regole sulla conduzione, la registrazione e il
controllo dei serbatoi interrati (art. 8) e stabiliscono i tempi limite di
esercizio degli stessi, nonché le modalità di adeguamento alla nuova disciplina
(artt. 10 e 11).
Ad avviso della ricorrente, le richiamate disposizioni
sarebbero lesive della propria sfera di autonomia legislativa ed
amministrativa, giacché, in primo luogo, inciderebbero in un settore nel quale
la Provincia di Trento aveva già legittimamente esercitato la propria potestà
legislativa, con l’adozione del "Testo unico delle leggi provinciali in
materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti", che all’art. 26
disciplina i serbatoi o contenitori di materiali inquinanti (disciplina
integrata dalla deliberazione della Giunta provinciale del 25 maggio 1990, n.
6043, "Determinazione soglie-limite per l’applicazione della disciplina
relativa ai serbatoi e contenitori di materiale inquinante") e con
l’approvazione della legge provinciale 22 dicembre 1983, n. 46 (Disciplina del
settore commerciale), che all’art. 51 detta norme in materia di distributori di
carburanti.
In secondo luogo, lamenta la ricorrente, la disciplina
impugnata sarebbe priva di "base legislativa", giacché l’atto
all’origine del conflitto non può considerarsi emanato nell’esercizio del
potere conferito al Ministro dell’ambiente dal menzionato decreto legislativo
n. 132 del 1992: lo escluderebbero, "da un lato, il diverso oggetto ...
dall’altro, la diversa procedura e le diverse autorità coinvolte". In sede
di replica alla difesa erariale, la Provincia ha poi rilevato l'intervenuta
abrogazione del decreto legislativo n. 132 del 1992 ad opera del decreto
legislativo 11 maggio 1999, n. 152, ed altresì richiamato l’art. 18 del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334, che ha abrogato il d.P.R. n. 175 del 1988,
anch’esso richiamato nel preambolo dei regolamenti impugnati, ed invocato
dall'Avvocatura, unitamente al d. lgs. n. 132 del 1992, quale fondamento legale
del potere ministeriale contestato.
In terzo luogo, l’impugnato decreto ministeriale,
eventualmente interpretato come atto di indirizzo e coordinamento, sarebbe – ad
avviso della ricorrente – in contrasto con l’art. 3 del citato decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266, che prevede la consultazione della Provincia
e richiede una fonte legislativa per porre "oneri di adeguamento della
legislazione provinciale" (a quest'ultimo riguardo, viene in realtà
implicitamente evocato anche l'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992);
interpretato come disciplina di natura tecnica, l’impugnato d.m. avrebbe
d’altro canto violato l’art. 8, comma 1, della legge n. 59 del 1997, che
assoggetta ad intesa con la Conferenza Stato-regioni anche gli "atti di
coordinamento tecnico", e, contestualmente, il principio costituzionale di
leale cooperazione.
2. - Del tutto analoghi sono i termini del secondo
conflitto [R. confl. n. 32/1999], sollevato in relazione al successivo decreto
del Ministro dell’ambiente 24 maggio 1999, n. 246. Con riferimento a questo
secondo decreto ministeriale, in aggiunta alle censure sopra enumerate, la
Provincia di Trento lamenta la lesione delle attribuzioni statutarie anche in
materia di commercio (art. 9, n. 3, dello statuto per il Trentino-Alto Adige);
la violazione anche dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400
(Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del
Consiglio dei ministri); la violazione altresì dell’art. 2 del decreto
legislativo n. 266 del 1992.
3. - Con i ricorsi in epigrafe, la Provincia autonoma di
Trento lamenta la lesione della propria sfera di attribuzioni ad opera dei
decreti del Ministro dell’ambiente 20 ottobre 1998 e 24 maggio 1999, n. 246, di
contenuto quasi identico, invocando i medesimi parametri e avanzando doglianze
del tutto analoghe. I relativi giudizi possono pertanto essere riuniti e decisi
con unica sentenza.
4. - In ordine al primo dei due ricorsi, deve essere
dichiarata la cessazione della materia del contendere, essendo stato il decreto
del Ministro dell’ambiente 20 ottobre 1998 abrogato e sostituito dal decreto
dello stesso Ministro 24 maggio 1999, n. 246, anch’esso impugnato dalla
Provincia di Trento, con il secondo ricorso.
Come si evince dal secondo ricorso, il primo decreto
ministeriale, all'origine del conflitto n. 1 del 1999, è stato espressamente ed
interamente sostituito dal successivo regolamento ministeriale n. 246 del 1999,
sostanzialmente invariato nel contenuto, in séguito a rilievi della Corte dei
conti in merito alla non conformità del primo decreto - sotto il profilo
formale e procedurale - all'art. 17, commi 3 e 4, della legge n. 400 del 1988.
In particolare – si legge nell’atto introduttivo del secondo conflitto - era
stata rilevata l'omessa sottoposizione del primo regolamento al controllo
preventivo della Corte di conti.
Poiché il regolamento del Ministro dell’ambiente 24 maggio
1999, n. 246 è venuto a sostituire integralmente l’atto all’origine del
conflitto di cui si tratta, e non risultando che il decreto impugnato abbia
prodotto effetti, deve dichiararsi la cessazione della materia del contendere.
5. - Il ricorso con il quale la Provincia di Trento ha
sollevato conflitto di attribuzione in relazione al decreto del Ministro
dell’ambiente 24 maggio 1999, n. 246 deve essere accolto.
E’ fondata infatti la doglianza della ricorrente, che
lamenta come la disciplina impugnata sia priva di "base legislativa"
e pertanto lesiva dell’autonomia provinciale.
Anteriormente all’emanazione del regolamento impugnato è
venuto meno il fondamento legislativo del potere ministeriale invocato dalla
difesa erariale, essendo stato espressamente abrogato il d.lgs. n. 132 del 1992
– che all’art. 4, comma 3, conferiva al Ministro dell'ambiente il potere di
indicare le misure necessarie per impedire scarichi indiretti di sostanze
inquinanti - dal d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle
acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il
trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa
alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti
da fonti agricole), pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 29 maggio 1999, n.
124, ed entrato in vigore prima della pubblicazione dell'impugnato d.m. 24
maggio 1999, n. 246, in Gazzetta Ufficiale del 29 luglio 1999, n. 176.
Poco dopo, anche l’altro provvedimento legislativo
indicato dall’Avvocatura dello Stato quale "base legislativa" dei
contestati regolamenti ministeriali, il d. lgs. n. 175 del 1988 - che all’art.
12 assegnava al Ministro dell'ambiente funzioni di indirizzo e prevedeva che
"con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente verranno indicate le
norme generali di sicurezza cui devono, sulla base della disciplina vigente,
attenersi tutti i fabbricanti le cui attività industriali rientrano nel campo
di applicazione del presente decreto" – è stato (ad eccezione dell'art.
20, disciplinante le ispezioni), espressamente abrogato dall'art. 30 del
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (Attuazione della direttiva 96/82/CE
relativa al controllo dei pericoli di incendi rilevanti connessi con
determinate sostanze pericolose).
Quanto precede impone a questa Corte di dichiarare che non
spetta allo Stato, in difetto di esplicita autorizzazione legislativa ai sensi
dell’art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, emanare il decreto del
Ministro dell’ambiente 24 maggio 1999, n. 246 e altresì, conseguentemente, di
annullare lo stesso decreto ministeriale n. 246 del 1999.
Rimane assorbita ogni ulteriore censura.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara che non spetta allo Stato, in assenza di base
legislativa, emanare il decreto del Ministro dell’ambiente 24 maggio 1999, n.
246 (Regolamento recante norme concernenti i requisiti tecnici per la
costruzione, l’installazione e l’esercizio di serbatoi interrati) e
conseguentemente annulla lo stesso decreto del Ministro dell’ambiente 24 maggio
1999, n. 246;
dichiara cessata la materia del contendere in ordine al
conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia autonoma di Trento nei
confronti dello Stato con il ricorso in epigrafe n. 1 del 1999.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2001.
F.to:
Fernando SANTOSUOSSO, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2001.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA