SCARICHI IDRICI

Con l'emanazione del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n.258 si è stabilizzato il quadro normativo che disciplina la materia degli scarichi idrici e la tutela delle acque interne. La Regione ha deciso di affidare alle Province, oltre alla competenza riguardante il rilascio delle autorizzazioni agli scarichi industriali che non recapitano in reti fognarie, anche quelle relative alle acque industriali assimilate alle domestiche.

Ai Comuni rimangono quindi le competenze per tutti gli scarichi che recapitano nelle fognature pubbliche e per le acque reflue domestiche, qualunque ne sia il recapito, nell'accezione che queste provengano, con carattere di prevalenza, da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche.

Dal momento che il D.leg.152/99 è stato rivisto in alcune sue parti, con l'emanazione del D.lgs 258/00, non è escluso che i primi orientamenti della Regione possano essere a breve rivisti e possa quindi venire emanata una seconda direttiva ad integrazione o correzione della Delibera n.651. Le istruzioni che seguono potranno subire quindi ulteriori modificazioni.

Relativamente alle acque reflue che provengono da attività di produzione servizi è bene evidenziare come, secondo le definizioni introdotte dal decreto, potrebbero ricadere sia tra le acque domestiche che tra le acque industriali. Questo in virtù delle nozione di "attività commerciale" che risulta dall'art.2195 del Codice Civile.

Il titolare dello scarico, o il consulente incaricato, dovrà valutare come si origina lo scarico, e cioè, per esempio, qualora nello stesso non si ritrovino sostanze estranee rispetto alla normale composizione di un refluo domestico (derivante dal metabolismo umano o altre attività domestiche come il cucinare o il tempo libero), si presenterà domanda presso il Comune territorialmente competente.

Si ricorda che per scarico si intende qualsiasi immissione diretta tramite condotta di acque reflue liquide, semiliquide e comunque convogliabili nelle acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione.

Per essere autorizzato lo scarico dovranno essere verificate diverse condizioni. A questo proposito è quindi necessario chiarire quanto segue.

Il Corpo recettore dello scarico è il sistema idraulico che riceve il refluo trattato. Può essere costituito dagli strati superficiali del suolo (sub-irrigazione) o dal reticolo idrico superficiale (acque superficiali). Il reticolo idrico superficiale, che in senso esteso può comprendere l'intera rete drenante superficiale, non è sempre idoneo a ricevere scarichi domestici, anche se trattati.

Vanno quindi considerate acque superficiali idonee a ricevere scarichi tutti quei sistemi idrici di una certa dimensione ed importanza nei quali sia presente acqua corrente anche nei periodi di massima siccità. Tale condizione è da ritenersi indispensabile affinché un corpo idrico superficiale si possa considerare un idoneo corpo recettore, in quanto solo un flusso d'acqua che non si interrompe nei mesi estivi consente d'evitare impaludamenti e ristagni e dunque d'impedire, o quantomeno limitare lo sviluppo di zanzare.

Non possono, di norma, essere considerate "acque superficiali" quando il corpo recettore dello scarico è una scolina stradale, un fosso poderale o interpoderale, uno scolo consorziale od un'altra rete drenante che veicola acque solo in seguito ad eventi meteorici. Questi tipi di scarichi che confluiscono in sistemi idrici minori sono spesso riassorbiti dal terreno prima di raggiungere un corpo idrico superficiale. Proprio per la mancanza di una regolare alimentazione le scoline, i fossi poderali ed interpoderali possono creare impaludamenti e ristagni, molte volte di colore lattiginoso, che provocano inconvenienti igienico - sanitari e situazioni di degrado ambientale. Sono fenomeni frequenti le esalazioni maleodoranti, moleste, lo sviluppo di insetti nocivi e la riproduzione di topi favorita dall'umidità degli argini, che li rende siti ottimali per la costruzione di tane.

La prima verifica è quindi sul corpo recettore, scelto tra quelli in cui è presente acqua corrente per l'intero periodo o, comunque, per un periodo non inferiore ai 120 giorni/anno.

ACQUE METEORICHE

Sono quelle prodotte dai fenomeni piovosi. Se recapitanti in fognature di tipo misto causano l'entrata in funzione dei tracimatori e il conseguente sversamento dei liquami di fogna nei corpi idrici superficiali. Causa la inadeguatezza delle reti comunali e, in alcuni casi, la particolare intensità delle piogge, possono provocare rilevanti episodi di allagamento nelle aree urbane.

Per questi motivi nei progetti di nuovi insediamenti la rete interna deve essere sdoppiata, tenendo separate le acque bianche (meteoriche) dalle acque nere (domestiche e/o industriali).  Sia nelle aree urbane che in quelle extra-urbane dovranno essere individuati recapiti naturali per lo scarico delle acque bianche. In alcuni Comuni sono o stanno per essere installati tratti di fognatura pubblica dedicati alle acque di pioggia. 

Le acque meteoriche possono contenere un certa percentuale di inquinanti in quanto si arricchiscono di quanto viene depositato in modo inidoneo sulle aree cortilive. Sulla planimetria dovranno essere quindi indicate anche le aree di deposito di materie prime o rifiuti e i sistemi di raccolta e/o trattamento degli inquinanti derivanti dal loro dilavamento. Una migliore alternativa è quella di dotare tali aree delle più opportune misure di prevenzione e sicurezza non solo per evitarne il dilavamento, ma anche per contenere eventuali spargimento di liquidi o liberazione di gas volatili o sollevamento di polveri. 

ACQUE DOMESTICHE

Le attività di produzione beni o servizi possono generare scarichi di natura idrica. Per la maggiorparte si tratta di scarichi provenienti dai locali bagno e cucine, più raramente da mense. Per definizione sono le acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche.

Secondo la normativa previgente tale definizione corrisponde agli scarichi provenienti da insediamenti classificabili come civili di classe A. Tale assimilazione è possibile anche per gli scarichi di insediamenti di classe C, tenendo conto tuttavia che in questo caso non è automatica, ma dipende dalla verifica positiva di una serie di condizioni:

 

" art. 28, co.7.

Salvo quanto previsto dall'articolo 38, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue provenienti da:

a) imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del fondo o alla silvicoltura;

b) imprese dedite ad allevamento di bestiame che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo funzionalmente connesso con le attività di allevamento e di coltivazione del fondo, per ogni 340 chilogrammi di azoto presente negli effluenti di allevamento prodotti in un anno da computare secondo le modalità di calcolo stabilite alla tabella 6 dell'allegato 5. Per gli allevamenti esistenti il nuovo criterio di assimilabilità si applica a partire dal 13 giugno 20002;

c) imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente per almeno due terzi esclusivamente dall'attività di coltivazione dei fondi di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;

d) impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio di acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;

e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate nella normativa regionale"

La lettera e) è stata inserita con le ultime modifiche apportate con D.leg 18 agosto 2000, n.258

Per quello che riguarda le acque domestiche vere e proprie se l'insediamento si trova in area servita da pubblica fognatura lo scarico è sempre ammesso. Al progetto di intervento edilizio, o anche successivamente, dovrà essere allegata solo la domanda di allacciamento. 

Quando è invece la richiesta di allacciamento riguarda insediamenti di produzione beni e servizi si potranno presentare due casi:

1) lo scarico proviene esclusivamente da servizi igienici, cucine e mense e allora rientra a tutti gli effetti nella definizione di acque domestiche. Basterà presentare la domanda di allacciamento;

2) lo scarico NON proviene esclusivamente da servizi igienici, cucine e mense e allora dovrà presentare apposita domanda di autorizzazione. In questo caso è infatti necessaria una istruttoria tecnica sulle caratteristiche chimico-fisiche dello scarico e la relativa portata, in quanto è indispensabile assicurare che la natura delle acque che si intendono riversare in fognatura sia del tutto compatibile con la depurazione finale, non solo per qualità, ma anche per quantità. L'autorizzazione espressa dovrà pertanto contenere i vincoli e le limitazioni alle quali lo scarico è assoggettato, in funzione della compatibilità richiesta.

In questo secondo caso andrà cioè considerata la lettera e) dell'art.28, se cioè per quantità e qualità tali acque possono essere considerate equivalenti secondo i criteri che definiranno le Regioni a quelle derivanti prevalentemente da metabolismo umano e attività domestiche.

Si cita ad esempio lo scarico di un caseificio. Non tutte le acque prodotte dalla diverse fasi di lavorazione di tali attività possono essere recapitate in fognatura, ne andrebbe del corretto funzionamento dell'impianto di depurazione finale. Inoltre anche la portata dello scarico è un elemento da considerare, non sono infrequenti disposizioni riguardanti il periodo orario all'interno del quale lo scarico può essere messo in funzione.

Vi è un altro caso da considerare: le lettere a), b) e c) sempre dell'art.28, comma 7 del decreto. Per queste che sono le imprese dedite ad allevamento di bestiame, o con annessa trasformazione, qualora intendessero riversare in fognatura gli scarichi di natura zootecnica, venendo a mancare la connessione funzionale con il terreno, andrebbero a perdere l'assimilazione ad acque domestiche rientrando così nelle industriali. Ancora una volta si renderebbe indispensabile una preventiva istruttoria e quindi, se favorevole, una autorizzazione espressa.

Al di fuori delle ipotesi dello scarico in pubblica fognatura, se l'insediamento si trova in area NON servita, il recapito finale delle acque domestiche potrà avvenire in acque superficiali o sul suolo. 

ACQUE INDUSTRIALI

Per definizione sono qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali o industriali, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento.

Riguardo agli scarichi di insediamenti precedentemente classificabili come di classe C, anche se alla verifica di cui già detto, ai sensi dell'art. 28 del Dlgs 152/99, risultassero assimilabili ad acque domestiche, qualora il recapito fosse il suolo o le acque superficiali, la domanda dovrà essere, da ora in poi, sempre indirizzata alla Provincia e al Distretto ARPA competenti per territorio.

Perchè sia effettivamente riconoscibile la loro assimilazione ad acque domestiche nella domanda dovranno essere contenute tutte le informazioni e i dati tecnici che servono a rilevare la sussistenza delle condizioni stabilite all'art.28 comma 7, del decreto. 

UTILIZZAZIONE AGRONOMICA

Tra le acque domestiche assimilate sono ricondotte sempre quelle provenienti da imprese dedite all'allevamento del bestiame.

Per il recapito su suolo dei reflui zootecnici (dove la componente principale è il liquame inteso come il materiale non palabile derivante dalla miscela di feci, urine, residui alimentari, perdite di abbeverata provenienti da allevamenti zootecnici; sono assimilati a liquame le acque di lavaggio di strutture o attrezzature zootecniche, le polline talquali provenienti da allevamenti avicoli, il percolato proveniente dalla lettiera o dall'accumulo di letame e le frazioni liquide ocomunque non palabili derivanti dalla sedimentazione naturale del liquame, dalle operazioni si separazione meccanica dei solidi sospesi e da processi di trattamento aerobico o anaerobico finalizzati allo scarico sul suolo) non si parlerà di scarico ma di utilizzazione agronomica.

Si tratterà allora di presentare una domanda di spandimento sul suolo all'indirizzo della Provincia, e in copia ad ARPA.

Questa eccezione è introdotta in virtù della previgente legislazione regionale in materia che deve essere considerata norma speciale rispetto ai contenuti e alle disposizioni della nuova legge sulle acque. Fino all'emanazione di un decreto interministeriale relativo alla utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici si continuano ad applicare le disposizioni regionali.

SCARICHI O RIFIUTI LIQUIDI

C'è infine un'evidente conseguenza alla nuova definizione di scarico introdotta ai sensi dell'art.2 del Dlgs 152/99.

Se, in caso di scarichi di acque reflue industriali, anche nell'ipotesi di un'assimilazione a quelle domestiche, l'immissione non è "diretta tramite condotta...." allora si esce dalla normativa satellite sugli scarichi per rientrare in quella quadro dei rifiuti. In particolare quello che era conosciuto come scarico indiretto sul suolo, scarico cioè che avviene attraverso il trasporto dei reflui mediante mezzo vettore, è oggi sottoposto alla procedure di cui all'art.27 e 28 del D.Lgs 22/97 in materia di rifiuti.

 

 

 

LEGISLAZIONE

Decreto legislativo 277 del 15/8/1991